Verso Lampedusa

Viaggio della Migrantes: “Raccontare la speranza”

Lampedusa – Non è ancora l’alba, Elena e Luca dormono, Santino non è ancora sul ponte. Esco all’aperto barcollando. Penso a padre La Magra che sul molo di Porto Empedocle ci aveva avvisati: “C’è mare” aveva detto. Pochi passi più in là, un marinaio dal sorriso sapiente, simile a quelli che ritraeva Antonello da Messina, aveva confermato: “C’è mare”.
Ma come, avevo immediatamente pensato, certo che c’è il mare. “Mosso” aveva aggiunto il marinaio, Giuseppe Addotto.
Ecco perché dal porto siamo usciti con due ore di ritardo, ecco perché il nostro ruolino di marcia ha subito uno slittamento: due ore per consentire al mare di calmarsi. E siamo sul “Palladio” traghetto che misura a occhio e croce un centinaio di metri.
Mi domando se la stessa accortezza possano usarla anche le barchette che, dalla costa africana, raggiungono la terra di mezzo che da secoli è Lampedusa. La nostra nave scivola, poi rolla e beccheggia ma con misura. Nessuna paura. Intanto arriva Santino sul ponte. L’aurora comincia a rosseggiare, è dall’Oriente che viene il sole.
Luci lontane ci appaiono la terraferma, ma è un’illusione: sono navi che spariscono alla vista insieme alla stella del mattino, mano a mano che il sole si ingrossa e illumina le onde fino al ponte della nave.
Su nel cielo la scia di un aereo, ci domandiamo se sia uno dei tanti “nostri”, impegnati in Libia. “Nostri” dovrei pensarlo senza virgolette, ma è un pensiero che non riesco ad abbracciare, quello delle bombe. Ci torna in mente la storia degli uomini-tonno, quei poveracci aggrappati alle vasche in cui, in mezzo al Mediterraneo, vengono allevati i pesci. Alcuni anni fa quelle immagini fecero il giro del mondo: chiedevano aiuto e nessuno seppe darglielo finché qualcuno morì.
Ma oggi è un altro giorno e mentre il sole diventa sempre più rosso è un passero a farci pensare che la terra stavolta è davvero vicina, anche se l’orizzonte è sgombro. E infatti la terra non è vicina, l’uccello è un passeggero come noi, forse un pendolare che ha fatto del “Palladio” la sua casa e se lo lascia per il cielo, lo fa per pochi secondi senza mai perderlo di vista. Quando ci torna è contento della sua terra ritrovata, noi invece la cerchiamo ancora con lo sguardo, ma l’olfatto ha il sopravvento: da prua profumo di cornetti e caffè, è l’ora della colazione. Nessuno ci chiede di resistere e, infatti, né Santino né io resistiamo. Poi è l’ora del briefing prima insieme, poi anche Elena che nel frattempo si è svegliata, ci ha raggiunti sul ponte e sembra volersi stringere dentro il maglioncino. Infine Luca ci saluta per dirci che sarebbe uscito a fare delle riprese: è l’ora giusta prima dell’apparire di Linosa: una lanterna e quattro gobbe e mezzo sul mare. Fascino e impazienza: Lampedusa è ancora distante. (Nino Arena – Migrantes Messina)