Tutti a bordo del traghetto “Palladio”. Alle 6.30 la prima alba di Lampedusa

Viaggio della Migrantes a Lampedusa: “Raccontare la speranza”

 

Lampedusa – L’attesa diventa realtà alle 18.00, ora dell’appuntamento concordato con Santino (Tornesi, direttore dell’Ufficio Migrantes della Conferenza Episcopale Siciliana, ndr). Ci lasciamo alle spalle lo Stretto pronti a viaggiare verso Lampedusa. Il cielo, terso fino ad inizio pomeriggio, è ora carico di nuvole, ma è un dettaglio che conta poco perché dentro il sole “è alto”. Arriviamo velocemente a Catania dove ci attende il secondo compagno di avventura, Nino, puntuale all’appuntamento, anzi costretto ad aspettarci più del dovuto per un piccolo errore di rotta. Imbocchiamo finalmente la Catania-Palermo quella che ci condurrà fino a Porto Empedocle: da lì salperemo alla volta di Lampedusa. Mi colpisce l’orario previsto per la partenza, le 23.59, sottilissimo confine tra la fine di una giornata e l’inizio di una nuova che varcherà la soglia della “porta d’Europa”. Lungo il tragitto facciamo sosta ad un Autogrill della provincia di Enna, dove veniamo accolti dal vociare di una scolaresca che sta per fare ritorno a casa dopo una gita. Quei volti, quei sorrisi e gli accesi colori degli abiti indossati dagli alunni, donano una ventata di freschezza.  

Sono le 20.30 quando entra in scena l’ultimo compagna di viaggio: è Luca Vullo, poliedrico regista originario di Caltanissetta (da quest’anno direttore artistico del Festival di Lampedusa) che con la sua telecamera documenterà la condizione dell’isola. Cappello, barba rossiccia, giubbotto verde militare, ed in spalla un voluminoso bagaglio che custodisce tutta l’attrezzatura necessaria per le riprese: è così che si presenta Luca, da subito alla mano, simpatico, curioso e interessato a condividere il suo vissuto e a conoscere quello dei suoi compagni di avventura. Si parla, si ride, ma soprattutto si pensa a come organizzare il lavoro: sono tante le sfaccettature di Lampedusa che vorremmo raccontare, troppi pochi i giorni per poterlo fare, l’unica possibilità è quella di “completarsi” a vicenda. La sensazione è che la strada imboccata sia quella giusta. 
Il tempo passa velocemente: dopo avere preso Luca continuiamo il nostro percorso nel cuore della Sicilia dove le strade si fanno sempre più buie e le indicazioni stradali praticamente assenti: a turno cerchiamo di focalizzare le scritte impresse sulle poche “frecce” che incrociamo per strada, ma finalmente la luce. L’inconfondibile luce arancione che contraddistingue un centro storico: siamo ad Agrigento, manca poco, ed ecco che finalmente da una stradina che conduce verso il mare riusciamo ad intravedere un traghetto, anzi no, il traghetto, quello che tra circa otto ore ci farà sbarcare a Lampedusa. Scarichiamo la valigie dalla macchina e sorridendo ci chiediamo come sia stato possibile essere riusciti a fare entrare in macchina tutto e tutti. Ad accoglierci a Porto Empedocle il direttore dell’Ufficio Migrantes della diocesi di Agrigento, Don Carmelo La Magra.
Con lui scambiamo qualche parola prima di imbarcarci e le sue riflessioni ci fanno subito capire come a Lampedusa troveremo una situazione ben diversa da quella apparsa in tv: “I lampedusani hanno accolto bene gli immigrati – spiega Don Carmelo – gli sono stati vicini, hanno dato una mano,qualcuno è stato anche accolto in casa dagli isolani, i pescatori davano loro da mangiare. L’emergenza non è stata gestita bene. Ora non si fa altro che dire che è stata superata, ma la nostra più grande preoccupazione arriva proprio adesso, perché dopo il clamore mediatico abbiamo paura di essere dimenticati. Ma è ora invece che Lampedusa avrà bisogno del maggiore aiuto”. Parole che nel corso della nostra permanenza terremo ben a mente. E’ giunta l’ora, la mezzanotte sta per scoccare, tutti a bordo del traghetto “Palladio” . L’arrivo è previsto alle 8.15 ma la sveglia sarà alle 6.30, per condividere insieme la “prima” alba di Lampedusa. (Elena De Pasquale, Ufficio Migrantes Messina)