L’Isola della Storia nel mare degli uomini

Viaggio della Migrantes a Lampedusa: “Raccontare la speranza”

Messina – In mezzo al mare le barche cariche di umanità e noi seduti in poltrona a guardare e interrogarci. Lo sguardo timoroso e distratto che lanciamo al televisore di casa misura la distanza tra “noi” e “loro”. Noi gli spettatori di quelle storie che sembrano non avere capo né coda.

 
Loro la Storia che accade inesorabilmente e, in più, ciascuno di loro con una storia, una vita irripetibile. E sullo sfondo una Lampedusa gettata senza rete nel circo mediatico mentre quei volti senza nome sfilano sugli schermi scrivendo la loro storia e segnando la nostra.
Loro i figuranti, Lampedusa e la sua gente il set di una telenovela in cui i toni patetici e sguaiati finiscono per prendere il sopravvento. È così che ogni giorno quelle vite vengono trasformate in una sarabanda in cui a latitare è l’umanità stessa.
È per cercare di restituire un senso a “loro” e a “noi con loro” che abbiamo deciso di metterci in cammino e scoprire – testimoniare se possibile – quel gap di senso che ci fa sempre più sterili di fronte alla tragedia e alla grandezza misteriosa della vita.
La scintilla è venuta da un semplice colloquio telefonico tra il Direttore dell’Ufficio Regionale Migrantes della Conferenza Episcopale Siciliana, Santino Tornesi, e il parroco di Lampedusa, don Stefano Nastasi.
L’opportunità di incontrarsi sul terreno fecondo della solidarietà è diventata urgenza in pochi giorni; è stato allora che Tornesi ha chiamato lanciando un invito: lasciamo che siano loro a raccontarsi, a esprimere quell’umanità che tanti hanno offeso, fosse solo per semplice distrazione.
Non sapevamo ancora cosa avremmo fatto né, a dire il vero, con assoluta precisione lo sappiamo adesso. Sappiamo, però, che ci sforzeremo di raccontare quell’universo di attese e dubbi che a Lampedusa ha oggi il proprio cuore. E vogliamo farlo con l’umiltà del volontario e quella del cronista, poiché entrambi hanno imparato che gli toccherà accostarsi a cose più grandi di loro, inaspettate. In questa avventura ci dà forza e ci conforta il carisma della Fondazione Migrantes dentro la quale, una parola dopo l’altra, il progetto è maturato.
Andare a Lampedusa, sì, per capire quale mistero ci sia in una donna che dà la vita su un barcone e sul pianto di un neonato che allontana le onde. Per capire la speranza che anima quelle vite. Per capire la speranza. Per capire anche, soprattutto, quell’isola che non ha lasciato, nonostante tutto, sommergere la propria generosità dalla marea montante della paura e del pregiudizio
Lampedusa è oggi il nome della forza serena che non si fa travolgere da chi è abituato a fare la faccia cattiva a chi viene in pace. Saremo sull’isola per cogliere il segreto di tanta dignità. Provarci, almeno, attraverso i protagonisti di questa impresa quotidiana. Si chiameranno Giuseppe e Mohamed, Lucia e Fatima, Stefano e Angela. Saranno loro gli angeli di ogni giorno che guideranno questo nostro cammino dentro l’isola in mezzo al mare, epicentro della speranza, ombelico del mondo che vuole nutrirsi della propria umanità. (N. Arena- Migrantes Messina)