Tragedie del mare: la preoccupazione di Papa Benedetto XVI

Il Papa e tutta la Chiesa “ricordano nella preghiera tutte le vittime di ogni nazionalità e condizione, anche donne e bambini, che perdono la vita nel terribile viaggio per sfuggire alle situazioni di povertà, o di ingiustizia o di violenza da cui sono afflitte”.

Città del Vaticano – La vicenda del barcone affondato martedì notte a sudi di Lampedusa è seguita da Papa Benedetto XVI con viva preoccupazione e sgomento.

 
“La tragedia della morte in mare di un gran numero di migranti che dalle coste dell’Africa settentrionale cercano di raggiungere l’Europa ha colpito profondamente il Santo Padre, che segue con partecipazione e preoccupazione le vicende dei migranti in questo periodo drammatico”, ha detto p. Federico Lombardi, Direttore della Sala Stampa Vaticana. Il Papa e tutta la Chiesa “ricordano nella preghiera tutte le vittime di ogni nazionalità e condizione, anche donne e bambini, che perdono la vita nel terribile viaggio per sfuggire alle situazioni di povertà, o di ingiustizia o di violenza da cui sono afflitte – ha aggiunto – alla ricerca di protezione, accoglienza e condizioni di vita più umane. Ricordiamo che fra le vittime di queste tragedie nel Mediterraneo vi sono migranti eritrei cattolici che si trovavano in Libia e partecipavano anche alla vita della comunità cattolica”.
Su questa tragedia è intervenuto oggi anche mons. Antonio Maria Vegliò, Presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti che, in una intervista alla Radio Vaticana, ha espresso “profonda tristezza per il tragico naufragio di un barcone che trasportava 250-300 persone, nessuno lo sa con precisione: uomini, donne e bambini in fuga dall’Africa. Le condizioni proibitive del Mare nostrum hanno inghiottito i loro sogni, come quelli di altri che attraversano questo crocevia della disperazione. Purtroppo – ha aggiunto – la scelta dei barconi via mare, in mano – spesso – a contrabbandieri e trafficanti senza scrupolo, è un’estrema alternativa dettata dall’impossibilità di utilizzare altri mezzi, dato che da tempo i Paesi europei hanno chiuso i confini, introducendo norme restrittive sugli ingressi di questi poveri disgraziati”.
Mons. Vegliò fa appello “alla solidarietà e all’accoglienza. L’Italia, lo scorso anno, occupava – tra i Paesi industrializzati – il 14mo posto per l’accoglienza dei rifugiati; i Paesi Bassi, con un territorio più piccolo e una popolazione meno numerosa, hanno accolto il doppio dei rifugiati rispetto all’Italia; anche la Francia ha ospitato più rifugiati, con una percentuale del 13 per cento, mentre l’Italia ha una percentuale di rifugiati di soltanto il 2 per cento. Gli eventi in Italia –ha spiegato – certo, possono apparire drammatici, ma sono ancora in un certo contesto e non bisognerebbe esasperare quanto sta accadendo. L’Italia, in fondo, è una grande potenza economica, industriale, sociale: quindi potrebbe avere la possibilità, con certe regole precise, di non spaventarsi troppo di fronte ad un fenomeno che esiste e che disgraziatamente, forse, va aumentando”.
“Quello che veramente si desidererebbe – ha detto il Presidente del Dicastero Vaticano per le migrazioni – è che l’Europa – non solo l’Italia – prendesse un pochino più a cuore la situazione e studiasse come affrontare e come risolvere questo problema. Non lo si può risolvere solamente con delle leggi punitive: bisogna pure darsi un po’ di pene per vedere come noi, popoli industriali e ricchi, possiamo risolvere questo problema, che esiste! Si possono cacciare, ma rientreranno da un’altra parte. Non c’è niente da fare. In secondo luogo, bisogna distinguere tra coloro che giungono dalla Libia e quanti giungono dalla Tunisia: quelli che provengono dalla Libia, attualmente zona di guerra, non dovrebbero essere respinti; quanti invece arrivano dalla Tunisia rientrano nei flussi di migrazione miste, migranti e rifugiati insieme. Ciascuno di loro dovrebbe essere sottoposto ad uno screening per vagliare il diritto alla protezione, come giustamente si sta orientando a fare l’Italia. In fondo, in questa situazione, l’Italia – sarà perché è la nazione più vicina, sarà anche per la presenza della Chiesa – penso di poter dire che si sta comportando abbastanza bene e il popolo di Lampedusa – ha sottolineato – è stato esemplare. Altrettanto importante è l’adozione del permesso temporaneo, che offre solidarietà a chi ne beneficia, mentre incoraggia la cooperazione sia sul territorio italiano che a livello europeo. L’intervento dei vescovi italiani rispecchia poi il richiamo del Vangelo sull’accoglienza umana e fraterna. I vescovi, come tali e come CEI, hanno messo a disposizione 2.500 posti nelle varie diocesi. L’Europa deve riflettere seriamente su ciò che significa rimanere nella regione dalla quale i rifugiati fuggono: generalmente si afferma che essi dovrebbero recarsi nei Paesi vicini, ma se questo fosse applicato alla Libia comporterebbe che i rifugiati di quel Paese vengano accolti in Europa. Ciò significa che l’Europa deve prendersi le sue responsabilità per assolvere i suoi doveri di protezione dei rifugiati e dimostrare cosa significhi solidarietà e condivisione. L’arrivo degli altri – ha concluso mons. Vegliò – può dare fastidio, ma non è cristiano questo egoismo: dobbiamo aprirci anche agli altri, anche politicamente parlando perché tanto è un fenomeno che non si può fermare. Questo c’è e ci sarà e bisogna darsi una regolata”.