“Dal Perù a Milano: la nostra casa è qui”

Johnny e Jacqueline, laureati in Economia e commercio, hanno due bambine. La loro vicenda racconta quella di tanti stranieri oggi nel nostro Paese. Storie che la Pastorale diocesana Migrantes della diocesi di Milano ha iniziato a raccogliere in vista dell’Incontro mondiale che si terrà l’anno prossi

Milano – Johnny ha 41 anni e Jacqueline 38. 17 anni di matrimonio, due lauree in Economia e commercio, un Paese di origine, il Perù, una città, Lima, e una meta condivisa, l’Italia. Marito e moglie con due bambine, la loro storia racconta quella di tante famiglie di migranti oggi nel nostro Paese. Storie che la Migrantes diocesana di Milano ha iniziato a raccogliere in vista dell’Incontro mondiale delle famiglie del 2012.

 
«Sono partito da solo – dice Johnny – nel 1999; era nata Kiara, la nostra prima figlia e Jacqueline automaticamente aveva perso il lavoro. Vivevamo bene ma con uno stipendio solo non riuscivamo a risparmiare nulla. Mia madre, a sua volta, era già partita diversi anni prima per venire in Italia e darmi la possibilità di studiare; così, di comune accordo, ho deciso di raggiungerla con l’obiettivo urgente di ricongiungermi subito dopo anche con mia moglie e mia figlia».
Per provare a realizzare il sogno serve un biglietto aereo e Johnny e Jacquline vendono tutto; lei si trasferisce con la bimba dai genitori, lui parte e si appoggia dalla madre. L’inizio è difficile; c’è la voglia di stare e dare una svolta alla vita, ma anche la mancanza della famiglia. I mesi passano e il ricongiungimento sembra ancora lontano. Un lavoro in un’impresa di pulizie all’inizio, un secondo in un club per raccogliere soldi velocemente. «Sembra che niente basti – racconta Johnny – neanche rinunciare al biglietto della metro e farmi ogni giorno il tragitto verso il lavoro a piedi».
Passano sei mesi, per la coppia divisa dall’oceano sembrano anni, e finalmente arriva Jacqueline. La famiglia si ricompone, la voglia di vedere il sogno che si realizza è tanta, ma la fatica delle troppe ore di lavoro e le poche possibilità che si presentano minano la loro tranquillità. «Kiara era piccola – racconta Jacqueline – e io mi rifiutavo di lasciarla a persone sconosciute. L’asilo, invece, costava troppo. Il primo lavoro offerto era la pulizia delle scale. Mettevo Kiara in cantina e ogni tanto mi affacciavo per vedere che andasse tutto bene. Per fortuna lei era una bambina molto buona».
Johnny e la moglie arrivano come irregolari; solo una sanatoria del 2003 permetterà loro di avere il permesso di soggiorno. Ad aiutarli in questo percorso difficile la parrocchia di via Conservatorio che raccoglie attorno a sé la comunità latino-americana e un cappellano, don Alessandro Vavassori. La lingua straniera, il cibo pure e la mancanza di integrazione restano i problemi principali per diverso tempo; i compaesani non sono sempre all’altezza delle aspettative, gli italiani sono diffidenti. La solitudine si aggiunge al carico di problemi; le ore infinite di lavoro danno il là finale. Johnny e Jacqueline a un certo punto scoppiano e per un periodo, breve, si separano.
Sarà il percorso di fede e l’avvicinamento alla parrocchia di Cologno Monzese a farli ritornare sui loro passi, «a far sì che ci ricordassimo – dice Jacqueline – dell’infinito amore che ci univa». Nel 2005 nasce Nicole, Johnny nel frattempo tramite un amico italiano trova lavoro al Consolato; da lì in una banca a tempo indeterminato dove tuttora lavora. Jacqueline, a sua volta, lascia le pulizie, fa la baby-sitter per un periodo e adesso è operatrice sociale per famiglie straniere. Fanno parte del gruppo famiglie della parrocchia che non li fa sentire soli. Oggi finalmente si sentono peruviani, ma non stranieri «e quando ripartiamo da Lima – dicono all’unisono – c’è la malinconia per chi lasciamo, ma la felicità di riabbracciare chi ci aspetta in Italia».
Una storia, tante storie; le famiglie di migranti a Milano sono il 10%, 1 bambino su 4 che nasce è straniero. Da qui la necessità della Pastorale Migranti e di don Stefano Nespoli di onorare il cammino che li separa dall’Incontro mondiale delle famiglie che si terrà a Milano nel giugno 2012. «Sarebbe utile sfruttare questo tempo – sottolinea don Stefano – per far conoscere alle famiglie italiane le famiglie straniere. Il tentativo con i cappellani delle diverse comunità è di fare una fotografia di che cos’è la famiglia straniera quando è nel paese di origine e cosa diventa venendo in Italia. La solitudine a cui la famiglia è costretta una volta arrivata qui; la necessità, subita, di adattarsi al nostro stile di vita». Perché questo percorso? «Per far comprendere che non esiste un unico modello di famiglia. Perché far conoscere alle famiglie italiane lo stile di vita di quelle straniere nel Paese di origine è un passo necessario ad accorciare le distanze e soprattutto a vivere l’accoglienza non solo nella settimana dell’Incontro mondiale». (C. Pelizzoni)