Media e immigrazione: la comunità Rom vista con gli occhi della realtà

Nell’ambito della manifestazione “Il mondo in casa: media e immigrazione”

Trento – Presso la sala Rosa del Palazzo della Regione le maggiori associazioni che si occupano dei diritti delle comunità Rom si sono confrontate condividendo con i presenti obbiettivi raggiunti e speranze future, ma anche dubbi e perplessità che continuano ad affiorare in questo lungo cammino verso l’integrazione. Ma cosa possiamo fare noi per capire questa comunità che sembra tanto diversa da noi? Come siamo influenzati dalle generalizzazioni mediatiche e dalla realtà che ci mandano i media? Queste le domande a cui ha cercato di dare risposta la terza giornata del forum “Il mondo in casa”, promosso dalla Provincia autonoma di Trento, dal Cinformi, dall’Ordine dei Giornalisti e dalla Federazione nazionale della stampa.

 
Ad aprire l’incontro Andrea Cagol di Cinformi, che ha portato il saluto dell’assessore provinciale alla solidarietà internazionale e alla convivenza Lia Giovanazzi Feltrami. La parola è passata quindi ad Alessandro Martinelli – Direttore dell’ Ufficio per il dialogo Interreligioso dell’arcidiocesi di Trento nonché moderatore dell’incontro – che ha introdotto la tematica, ossia la ricaduta dei media e dell’immigrazione sulla comunità Rom.
“Tre sono i punti deboli: prima di tutto il linguaggio: si usa erroneamente il termine Rom per indicare molti popoli diversi come Sinti e Zingari. Seconda questione importante è l’intasamento dei canali mediatici che fanno fatica a cogliere la diversità e il suo valore. Terza, ma non meno importante questione, sono i “tuttologi”; abbiamo troppi tuttologi oggigiorno che hanno difficoltà a capire opinioni e ragioni altrui”.
Gazmen Salijevic – del Centro Europeo per le problematiche delle Minoranze, organizzazione che collabora in stretta sinergia con il Gabinetto della Presidenza del Kossovo – ha illustrato la situazione di rifugiato nella penisola balcanica, dove le guerre in atto ed i conflitti irrisolti causano spesso flussi migratori sia all’interno dei Balcani che verso l’Occidente Europeo. Salijevic ed il centro per il quale lavora si occupano di aiutare le piccole comunità meno conosciute che stanno nei territori dell’ex Jugoslavia ma, come lui stesso ricorda, “diritti e doveri esistono solo sulla carta e non vengono rispettati. I nostri politici non pensano col cuore ma con la moneta. Nessuno vorrebbe esser costretto a lasciare la propria terra e la propria casa come rifugiato – ha proseguito Salijevic riportandoci alla dura realtà attuale – . Non serve molto, le persone che scappano hanno prima di tutto bisogno di calore e comprensione, e per questo basta un sorriso. Quello che per gli italiani era l’America ad inizio ‘900 è adesso per altri profughi l’Italia”.
Daut Qulangjiu – redattore di un programma in lingua rom sulla televisione nazionale kossovara e membro del Consiglio organizzativo delle Minoranze, organizzazione che collabora con il Gabinetto della Presidenza della Repubblica del Kosovo – ha parlato dell’integrazione della comunità Rom nel mondo della comunicazione, denunciando il fatto che la popolazione Rom non ha un vasto accesso all’informazione e alla conoscenza in quanto pochissimi media “parlano” la sua lingua. Nella nostra era i media sono un elemento portante di uno Stato, sono una vera e propria colonna che influisce largamente sull’opinione pubblica, tanto che molti avvenimenti non verrebbero nemmeno notati se non fossero ripresi da essi. Qulangjiu ha raccontato del suo programma in lingua Rom che va in onda una volta alla settimana sulla tv nazionale e di come quest’ informazione “madrelingua” aiuti l’integrazione dei Rom nella società. Un lavoro molto importante che il programma porta avanti è l’attività di monitoraggio ed eventuale denuncia nei confronti dei canali di informazione che usano un linguaggio inadeguato o umiliante; questo ha portato a Qulanjiu ed ai suoi collaboratori molte critiche, in quanto la loro rivendicazione dei diritti delle minoranze si scontra talvolta con la politica delle istituzioni.
Shpresa Agushi – direttore esecutivo della rete delle donne Rom, Egiziane ed Ashkali dell’organizzazione delle donne del Kossovo – ha concentrato il suo discorso sulla situazione ancor più difficile delle donne di queste comunità nella società odierna; la discriminazione a cui sono soggette riguarda sia la loro etnia sia anche il semplice fatto di essere donne. “La nostra associazione – ha detto – non riesce ad influire molto sulle autorità e la donna Rom in Kossovo si ritrova a far fronte a molte difficoltà tra cui la più importante è l’accesso all’istruzione. Il 38% delle donne della comunità sono analfabete, un altro 38% di loro non ha nemmeno completato la scuola dell’obbligo, l’8% non ha continuato oltre la scuola dell’obbligo, solo il 3% delle donne ha frequentato le scuole medie superiori e meno dell’1% sono iscritte all’università”.
Anche Sphresa ha fatto presente che le leggi ci sono e sono anche molto belle sulla carta; il fatto è che nessuno le fa rispettare e soprattutto non sono alla portata di tutti Un altro problema rilevante sono le famiglie che migrate in altri paesi decidono poi di ritornare in Kossovo portando con se figli nati nella lontananza o che comunque non conoscono la lingua kossovara o albanese e che quindi sono tagliati fuori dalla scuola. Don Caldera ha esposto l’operato della Chiesa con le comunità Rom e Sinti, sottolineando come questi popoli non abbiano mai dichiarato guerra a nessuno ma si trovino in una condizione di “non cittadini”; per essi non è stato nemmeno riconosciuto il fatto di essere state vittime dell’Olocausto nazista. In Italia l’informazione su queste minoranze è difettosa ed imprecisa: i Rom sul territorio Italiano sono circa 150.000, metà dei quali cittadini italiani ma quanto ne sanno gli italiani di questi dati? Molto poco.
La Chiesa in questi anni si è dedicata a capire le minoranze “studiandole” da dentro, cioè immergendosi nella loro cultura ed abitando insieme a loro, come è successo nei campi di Verona, Udine e Pisa; la vita a stretto contatto ha favorito la condivisione di idee, confidenze, storie e sentimenti. Antonella Miriello – Associazione Balcanico Romanè Amarò Ternipe – ha raccontato la sua esperienza diretta prima con gli Tzigani di Romania e poi con la comunità Rom. Centro pulsante del suo lavoro è il quartiere bolognese “Pilastro” dove la maggioranza dei residenti sono stranieri ai quali i servizi sociali hanno dato una casa. L’associazione opera attivamente all’interno della comunità tentando ad esempio di motivare i giovani e soprattutto le ragazze ad elevare il proprio livello di istruzione per accedere a posti di lavoro sicuri e di buon livello.
Ultimo relatore dell’incontro è stato Gian Luca Magagni – presidente A.I.Z.O. Rom e Sinti, sezione volontariato del Trentino Alto Adige – quest’anno compie 40 anni. Da 16 anni Magagni si occupa di questa tematica diffondendo e facendo conoscere la cultura Rom e lavorando all’interno del campi sosta di Trento e Rovereto. Magagni ha sottolineato come l’istruzione sia la componente più difficile da implementare, specialmente ora che il sostegno economico per la scuola che veniva dato alle comunità è stato tolto, fatto che ha segnato un crollo dell’assolvimento della scuola dell’obbligo dal quasi 100% all’attuale 50%.
“Il mondo in casa”, si è chiuso sabato sera al teatro San Marco di Trento con il concerto di Esma Redzepova and Ensemble Teodosievsky, cantante macedone che è anche ambasciatrice dell’Unicef.