Lampedusa come Tours

Stupore per la solidarietà della gente

Agrigento – Centra Lampedusa con Tours? È vero che la maggiore delle isole Pelagie è frastornata dal susseguirsi di avvenimenti che la vedono, suo malgrado, protagonista ma la geografia rimane immutata. Eppure, proprio in queste ore qualcosa le sta legando.

 
Qualcosa che scardina le categorie di spazio e di tempo. Ricordate quel soldato romano di nome Martino? Era giunto da poco, alle porte di Amiens, quando divise il suo mantello con un povero e la notte successiva gli apparse in sogno Cristo coperto con la metà della cappa.
A Lampedusa sta accadendo che si moltiplicano i san Martino: la gente dell’isola divide in due le coperte, perché i migranti, che vi approdano senza sosta, dormono fuori in quanto la struttura di accoglienza (capienza massima di 1.000 posti) non é in grado di accogliere i 5.000 che, mentre scriviamo, sono sull’isola. Di conseguenza migliaia di migranti dormono fuori negli spazi adiacenti al Centro di accoglienza o direttamente sul molo, senza neanche potersi riparare dalla pioggia, in condizioni igienico-sanitarie sempre più critiche.
Al risveglio, però, i lampedusani di certo non vi trovano il mantello miracolosamente intero, ma l’uomo venuto da Sud, nel quale scorgono Cristo bisognoso di ogni cosa. Le loro coperte sono ormai lacere e gli indumenti donati li sta usando qualcun altro, ma la vita di questi fratelli è integra.
“Immensi” è l’aggettivo che usa un nostro amico su un social network, perché i lampedusani hanno travalicato la logica del dono delle cose (vestiti, scarpe, cibo…), che di certo non stanno lesinando, per donare se stessi, “hanno aiutato – prosegue stupito – qualcuno a lavarsi, cucinano e portano in piazza. […] Le strade: pienissime, come a giugno (non dico ad agosto), di questa povera gente. […] Sembra di stare a Tunisi. Bar, panchine, scalini: ovunque, ci sono seduti tanti immigrati a gruppi. La sera, la piattaforma del porto è impressionante: una marea”.
Davanti a questo scenario e a tanta generosità, dopo aver vissuto i tragici momenti di protesta dei lampedusani, il parroco, don Stefano Nastasi, è rimasto anche lui come inebetito. Eppure conosce bene i suoi parrocchiani. No. Non si aspettava questa gara di solidarietà, che – e questo certamente sorprenderà ancor di più – unisce Nord e Sud, isole e terraferma. Sentite tra i tanti messaggi pervenuti in parrocchia cosa scrive un’insegnante di Clusone: “Non riesco a togliermi il pensiero di voi, della vostra continua anormalità. […] Siamo distanti, noi al profondo Nord della provincia di Bergamo, vedo la neve dalla finestra, e voi in quella luminosa striscia di terra nel mare così a Sud. Ma vorrei dirvi che preghiamo, cerchiamo di pregare per voi, per i governanti che siano finalmente illuminati da un po’ di saggezza, per quei figli che arrivano da voi e per questa umanità così varia”. E che dire delle tante telefonate di solidarietà e delle offerte, mai richieste eppure pervenute, per sovvenire alle mille necessità dell’emergenza?
Come il parroco anche il nostro arcivescovo, mons. Francesco Montenegro, è stato sorpreso da una lampedusana, perché con le lacrime, che come rivoli d’acqua solcavano il suo viso, mostrava la sua vergogna per aver preso parte alla protesta, ma nel medesimo tempo teneva a precisare che non si trattava di esaurimento di riserve di pietà né di cessazione di umana solidarietà. Siamo pieni di stupore anche noi, lo confessiamo. È siamo un po’ confusi nel deciderci per Lampedusa “Porta d’Europa”, “Oasi di umanità” o “Avamposto di cristianità”. (C. Petrone -direttore “L’Amico del Popolo” di Agrigento)