Rifugiati politici tra speranze e difficoltà

Marie Thérèse Mukamitsindo, fuggita dal Ruanda, ha fondato la cooperativa sociale Karibu che

Roma – “Hai cinque minuti per fuggire dal Ruanda”. Con queste parole, durante il convegno “Flussi migratori e diritti dei migranti”, alla facoltà di Giurisprudenza di Roma Tre, Marie Thérèse Mukamitsindo, presidente della cooperativa sociale Karibu racconta la sua storia di rifugiata.

 
“Nel 1994, un generale, mio vicino di casa – ricorda – mi ha telefonato e mi ha avvertito: ‘Sbrigati, hai poco tempo per andare via o non ti posso più proteggere’. E così, in poco tempo, con poche cose racimolate lì per lì, mi sono trovata scortata alla frontiera: ma io sono stata fortunata, altre non possono dire la stessa cosa”.
Una volta in Italia, nel 2001, insieme ad altre cinque rifugiate, Mukamitsindo fonda la cooperativa Karibu con la quale aiuta altre donne che si trovano nella stessa situazione da lei affrontata. Con il tempo, poi, questa associazione benefica cresce.
“Volevamo gestire un centro d’accoglienza per i rifugiati che fosse diverso: riconoscendo alle donne un proprio valore. Ora ne gestiamo due in due comuni diversi, oltre a due centri per minori”, prosegue. “Ma abbiamo tanti altri progetti”. Come quello del “mediatore in cammino”, con cui “seguiamo il richiedente asilo fino all’ottenimento dello status di rifugiato”. La presidente, però, sottolinea anche alcuni aspetti controversi della sua esperienza quotidiana con le richiedenti asilo. “In Italia è difficilissimo fare un riconoscimento della laurea”, sottolinea, per chi l’ha conseguita nel suo paese d’origine. E ancora: “L’89% delle donne che fuggono dai propri paesi sono state vittime di violenze e in Italia a volte cadono nella trappola della prostituzione perché sono disperate e non hanno niente”, nota Mukamitsindo.
“In Italia ci sono le leggi ma è difficile applicarle: è più un paese di favori che di diritti”, riflette infine, commentando le vicissitudini di molti che chiedono un permesso di soggiorno. Un problema complesso, dunque, quello dei rifugiati e dei migranti in generale, che fa dire a Giandonato Caggiano docente di Diritto dell’Unione europea di Roma Tre: “In Europa il punto centrale dell’immigrazione non dipende dall’Europa stessa, perché i singoli stati sono liberi di stabilire i requisiti d’ingresso: le restrizioni della Ue, in tal senso, sono minime”. Ma il problema più pressante è proprio quello “di avere una presenza di un sistema articolato di cooperazione fra stati che lo gestisca e non un apparato burocratico che difende solo se stesso”, continua Caggiano facendo poi la proposta di equiparare e, quindi punire, i clienti delle prostitute come ricettatori. Anche perché “tutti si riempiono la bocca della parola solidarietà ai migranti ma poi la Convenzione di Dublino, ad esempio, sui diritti dei migranti lavoratori è stata riconosciuta solo da 42 stati”. E sulla situazione italiana nello specifico, ricorda infine che da “più di 60 anni, il nostro paese non ha una legge d’attuazione dell’articolo 10 della Costituzione” (quello che menziona anche i diritti dei rifugiati, ndr). Caos normativo rilevato anche dal dottore di ricerca Federico Dinelli che, commentando le varie tipologie di migranti (dai rifugiati agli irregolari), dice: “Non si sa bene in base a quale principio si distinguono i diritti degli stranieri che ci sono nel nostro paese: bastava che nell’articolo 3 della nostra Costituzione ci fosse stato scritto che tutti gli uomini (non “tutti i cittadini”, ndr) sono uguali di fronte alla legge”. Al termine, comunque, della conferenza, Marie Thérèse Mukamitsindo ci tiene a sottolineare che il migrante ha anche dei doveri perché “si dice dalle mie parti: se vai in un paese dove si mangia la mosca, devi imparare a mangiarla cruda”. Fuor di metafora, conclude: “Siamo ospiti e dobbiamo aiutare e lavorare”. (J. D’Andrea – www.romasette.it)