Da una piccola cosa

L’incontro del vescovo di Frosinone con i Rom

Frosinone – “Ho avuto l’idea perché, vista la situazione generale soprattutto delle grandi città italiane, come Roma e Milano, e gli atteggiamenti delle municipalità nei confronti dei Rom, visti anche i 4 bambini bruciati qualche settimana fa a Roma, mi sembrava bello fare un incontro con il piccolo gruppo di Rom residenti nella nostra diocesi”. Così ha detto al SIR il vescovo di Frosinone-Veroli-Ferentino, mons. Ambrogio Spreafico, che ieri sera ha incontrato la comunità Rom della diocesi, in tutto una trentina di persone. L’incontro si è svolto presso il Centro di pronta accoglienza di Castelmassimo di Veroli. Insieme alle famiglie Rom che da tempo vivono nel Frusinate, erano presenti operatori della diocesi (Caritas e Migrantes), volontari (Unitalsi), parroci e operatori di servizi che in questi anni hanno collaborato per la promozione dell’integrazione nel territorio.

 
L’incontro è il primo da parte del nuovo vescovo e non è venuto dal nulla. Come spiega mons. Spreafico, “il rapporto con i Rom risale a oltre cinque anni fa, quindi da ben prima del mio arrivo a Frosinone. Allora si pensò di fare qualcosa per loro che vivevano in un campo-sosta in precarie condizioni. Insieme al Comune si è iniziato a valutare il modo per dare loro una sistemazione più degna. Grazie al coinvolgimento della Caritas italiana, che ha messo a disposizione dei fondi, è stato possibile arrivare a dei precisi traguardi. Anzitutto – spiega il vescovo – si è dato uno stabile assetto alla loro presenza, quindi con una sistemazione anche giuridica da tutti accettata. Per quanto riguarda l’aspetto scolare, tutti i bambini vanno a scuola dell’obbligo, con l’assenso dei rispettivi genitori. Si è puntato anche ad una sistemazione abitativa, che è sostanzialmente riuscita quasi per tutti. Soltanto un gruppo di loro vive ancora in una casa della Caritas, ma dovrebbe presto essere possibile offrire una sistemazione più stabile. Infine, per l’aspetto lavorativo, un certo numero di adulti ha trovato collocazione”.
Il parere di mons. Spreafico su questo percorso di sostegno ai Rom della zona è il seguente: “Si è trattato di una esperienza interessante che dimostra come, se si lavora con impegno e fantasia, qualcosa di buono si può fare. Certo occorre superare il pregiudizio che loro, i Rom, non vogliono la stabilità. Noi abbiamo constatato che questo non è vero e basta cercare delle soluzioni e poi, magari non per tutti, si raggiunge qualche risultato positivo e di integrazione reale”.
“Mi sembrava bello sottolineare – aggiunge il vescovo – che questa possibilità si è concretizzata grazie all’impegno della Chiesa locale. Se i Comuni facessero qualcosa di analogo, tra l’altro disponendo di maggiori risorse e personale per una azione su più vasta scala, certo la situazione complessiva cambierebbe. Del resto si comprende che non si possono fare solo sgomberi, non si risolve nulla”. Mons. Spreafico cita il caso della Germania, dove – ricorda – “gli zingari sono tutti stanziali. Certo, se tra loro ci sono persone che delinquono si prendono i provvedimenti che si devono prendere, come del resto si fa nei confronti di tutti i cittadini”.
Il vescovo ammette che la situazione nella sua diocesi è stata favorita dalle piccole dimensioni delle comunità Rom presenti. “Abbiamo un gruppo che vive a Frosinone, uno a Pofi e un’altro in una casa di accoglienza. Parliamo di piccoli numeri. Abbiamo anche dei Sinti, gli zingari italiani, anche loro vivono a Frosinone, alcuni sono cristiani. Questi ultimi abitano in genere in case popolari, messe a disposizione dal Comune. Il loro livello di integrazione è buono. Frequentano il catechismo, io stesso ho fatto diverse cresime. Quest’anno un prete diocesano che ha proposto il catechismo, è riuscito a far iscrivere al liceo una delle ragazze Sinti. Si tratta di una piccola battaglia culturale. Questa giovane sta frequentando ed è contenta. Mi pare di poter dire che, se si vuole, si può fare molto. Basta voler bene e lavorare di fantasia”.
L’incontro di Frosinone è stato definito dal vescovo “una piccola cosa ma anche il segno di come sia possibile affrontare il problema in maniera diversa, diminuendo i pregiudizi che ancora troppo spesso circondano queste persone. Tra l’altro ha visto la mobilitazione di varie realtà, oltre a quelle cattoliche e dei Comuni interessati. Sono intervenuti, tra gli altri, il ‘Convitto Tulliano’ di Arpino, la Fondazione ‘Alessandro Kambo’, la Banca popolare del Frusinate, ognuno nella propria specificità, ma avendo sempre l’obiettivo dell’integrazione”. Molta, conclude mons. Spreafico, è “ancora” la strada da fare “nella conoscenza reciproca e nell’individuazione di soluzioni ad alcuni problemi che permangono. Ma noi ci siamo mossi nella certezza che nella nostra società l’integrazione e il convivere tra diversi sono possibili e dipendono dalla ricerca dell’incontro, del dialogo e dall’impegno di tutti”. (L. Crimella – SIR Italia )