Relazioni in crisi

Le sfide di una società fragile, multiculturale e multireligiosa

Roma – “Matrimonio e famiglia sono questioni di grande importanza, specialmente nelle società – come la nostra – in cui gli impegni sono molti e le situazioni sempre più precarie, dominate da grandi fragilità”. Con queste parole padre François-Xavier Dumortier, Rettore della Pontificia Università Gregoriana, ha introdotto giovedì scorso l’Atto Accademico dell’ateneo, che quest’anno è stato organizzato dalla Facoltà di diritto canonico sul tema: “Matrimonio e famiglia in una società multireligiosa e multiculturale”. Si tratta di questioni “non solo di vitale importanza, ma anche di grande attualità”, ha aggiunto padre Janusz Kowal, decano della Facoltà di diritto canonico, presentando l’incontro: tra i dati, il relatore ha citato “la crescita dell’incapacità di molti giovani di prendere decisioni che li accompagnino in maniera definitiva, la diminuzione dell’interiorità e della capacità di riflettere” e fenomeni come “il consumismo, l’aumento delle convivenze, la mentalità favorevole alle separazioni e ai divorzi”.

 
“Nella società liquida, è più il figlio a ‘fare’ la famiglia, cioè a ‘spingere’ i suoi genitori a sposarsi, che non viceversa”. A evidenziare il paradosso, citando Zygmunt Baumann, è stato Ivo Stefano Germano, sociologo della famiglia all’Università del Molise e alla Luiss di Roma, secondo il quale oggi il matrimonio – analizzato da un punto di vista sociologico – ha perso l’attributo del “per sempre”: è “un puzzle, un’esperienza di ‘messa in prova’, una ‘con-possibilità'”. La nostra, in altre parole, secondo il relatore, è una società che “individualizza il per sempre, che vede il matrimonio individualisticamente, un po’ come i pezzi montati e smontati dell’Ikea”. “Proviamoci, siamo in prova, finché dura”, potrebbe essere lo slogan delle coppie di sposi. In secondo luogo, la famiglia odierna “non è più collegata alla generatività: nella società liquida, ciò che era solido diventa liquido, e cioè provoca la caduta dei legami sociali. La girandola degli affetti, i gusti, le inclinazioni non sono più appannaggio della persona, ma di un ‘kit’ d’istruzioni per l’uso degli individui. Tutto è risolto a livello individuale, e domina la tendenza a conferire minore importanza, minore valenza sociale al matrimonio come rito di passaggio e come momento inequivocabile in cui si comincia a fare sul serio”. In crisi, quindi, è il modello di famiglia in senso “relazionale”, cioè come “legame simbolico che va oltre la natura semplicemente biologica”, assumendo “una rilevanza sociale” che connota la famiglia stessa come “istituzione”.
Due, per il sociologo, le rappresentazioni principali di famiglia attualmente dominanti: una, ha spiegato Germano, “fortemente negativa, direi post-darwiniana, per cui la famiglia è qualcosa di pleistocenico, il cui declino è ormai irreversibile e il cui esito è diluirsi in una galassia indefinita di rapporti, scambi, unioni meramente affettive. Finite le quali – ma quasi nessuno lo dice – si diventa poi naufraghi, perché la crisi si protrae nel tempo, ben oltre la separazione e il divorzio”. L’altra rappresentazione di famiglia, all’opposto, “è la famiglia come relazione radicata in una rete di relazioni significative, che danno senso perché hanno un senso, ad un uomo e una donna, ai figli, ma anche a coloro con cui essi si rapportano”: è l’immagine di famiglia che appartiene a quel 62% di italiani per cui “persiste” il matrimonio di tipo religioso. Sullo sfondo, “l’aumento dei matrimonio civili, l’aumento costante di separazioni e di divorzi” e la tendenza a generare sempre più i figli “fuori dal matrimonio, salvo poi ‘scegliere’ di sposarsi più per dare tutela ai figli che per sacralizzare il patto del matrimonio”.
Nel nostro Paese, cresce il numero dei matrimoni misti e aumenta il numero dei matrimoni interconfessionali e interreligiosi, oltre che quello tra cittadini italiani e stranieri dei rispettivi Paesi. A fornire il dato è stato padre Kowal: “Molti falliscono – ha precisato – perché sono matrimoni combinati, cioè contratti per ottenere la cittadinanza, ma in generale – stando agli ultimi dati Istat – i matrimoni misti risultano più stabili, rispetto ad altri matrimoni”. Padre Kowal ha definito tali tipologie matrimoniali dei veri e propri “luoghi ecumenici, ponti di dialogo tra diverse religioni e culture”. “La loro stabilità – ha affermato – risulterà molto contagiosa, sia per il movimento ecumenico sia per il dialogo tra le varie culture”. Anche Giovanni Paolo II – ha ricordato Maria Elena Campagnola, ricercatrice della Facoltà di giurisprudenza dell’Università “La Sapienza” di Roma – sosteneva che i matrimoni misti e interconfessionali tra cattolici sono “un arricchimento per le comunità cristiana e per il cammino ecumenico”, in quanto “vivono le speranze e le difficoltà che caratterizzano la strada verso l’unità”. ( M. Michela Nicolais – SIR ITALIA)