Le migrazioni nel documento della Settimana Sociale dei Cattolici Italiani

Presentato questa mattina alla Radio Vaticana

Roma- “Un cammino che continua…dopo Reggio Calabria”: con questo titolo è stato pubblicato, oggi, il documento conclusivo della Settimana Sociale dei Cattolici Italiani che si è svolta a Reggio Calabria lo scorso mese di ottobre sul tema “Cattolici nell’Italia di oggi. Un’agenda di speranza per il futuro del Paese”.
Una settimana, si legge nel documento conclusivo – che è stata “un evento ricco di speranza. Prima ancora della pubblicazione di questo atteso documento conclusivo, il cantiere della Settimana Sociale ha spontaneamente e diffusamente ripreso il lavoro nelle Chiese particolari, con il pieno e generoso impegno dei Vescovi e con un coinvolgimento ampio e convinto”.
Durante i lavori spazio è stato dedicato al tema delle migrazioni con un apposito ambito “Includere le presenze” .
 
Riportiamo integralmente la parte del documento che riguarda questo ambito:
 Il testo del documento preparatorio, includere le nuove presenze (nn. 25-26), è stato recepito nei suoi contenuti fondamentali e in particolare nel suo nucleo propositivo. Il dibattito in assemblea ha messo a fuoco il tema del come riconoscere la cittadinanza italiana ai figli degli stranieri nati in Italia. Sulla specifica proposta vi è stata ampia convergenza. Alcuni distinguo sono venuti in ordine alle condizioni per il riconoscimento e l’esercizio della cittadinanza a stranieri giovani e adulti, anche con riferimento alla necessaria attenzione per i doveri che ne conseguono. Molti interventi hanno sottolineato la necessità di mettere mano a una revisione complessiva dell’attuale legge sulla cittadinanza, riducendo i tempi del riconoscimento – anche in relazione al contesto europeo – e la discrezionalità della procedura.
È emersa poi la necessità di predisporre specifici percorsi per l’inclusione e per l’esercizio della cittadinanza, concedendo, tra l’altro, il diritto di voto almeno alle elezioni amministrative e l’ammissione al servizio civile, come pure favorendo il coinvolgimento nelle associazioni ecclesiali e nelle aggregazioni giovanili, in particolare quelle sportive. Appare necessaria un’inclusione dal basso, attraverso il protagonismo degli stessi immigrati, sia in associazioni proprie, sia nel contesto di organizzazioni locali e nazionali. Sulla scorta dell’esperienza dell’emigrazione italiana nel mondo, è importante valorizzare le eccellenze garantendo pari opportunità sia nel riconoscimento dei titoli di studio, sia attraverso borse di studio per l’accesso a livelli di studio superiori e universitari.
Vi è consapevolezza che il percorso di tutela dei diritti fondamentali della persona immigrata – che non si identifica con il rilascio della cittadinanza – è incompleto e presenta ancora punti deboli o problematici, soprattutto in riferimento ai clandestini e agli irregolari. La Dichiarazione dei diritti dei lavoratori migranti e delle loro famiglie attende ancora la ratifica da parte dell’Italia. La giusta retribuzione e le condizioni di lavoro degli immigrati non sono garantiti in ogni settore. Manca una specifica legge sul diritto d’asilo e vanno rafforzate le azioni di accoglienza rivolte a coloro che fuggono da condizioni di persecuzione politica. È necessaria una revisione della legge sul rispetto delle minoranze etniche o linguistiche. Troppo debole è l’impegno per la protezione sociale per le vittime della tratta per sfruttamento sessuale e per lavoro e il contrasto al traffico degli esseri umani, spesso gestito da organizzazione criminali internazionali. Permane una forte discriminazione tra cittadini regolari e irregolari in riferimento alla tutela della salute e della maternità e alle pene alternative al carcere.
La riflessione sulla cittadinanza, sui diritti e sulla carente tutela nella fase migratoria ha espresso la necessità di superare una lettura emergenziale del fenomeno, evitando semplificazioni e pregiudizi, che rischiano di connettere automaticamente immigrazione e criminalità, aumentando la paura che i migranti possano indebolire la nostra sicurezza. A questo proposito l’informazione corretta, un linguaggio non discriminatorio, la diffusione delle esperienze positive di incontro e di relazione, costituiscono passaggi importanti per una lettura realistica del fenomeno migratorio. L’inclusione delle nuove presenze chiede la responsabilità di tutti nella costruzione della città, a partire dagli stessi immigrati.
Un ruolo particolare è richiesto alle nostre comunità ecclesiali, che talora sono anche in difficoltà a riconoscere le potenzialità del fenomeno migratorio, per diventare un soggetto promotore, un laboratorio capace di rinnovare lo stile dell’incontro tra persone che provengono da realtà, culture e religioni diverse. Come ricordato più volte da Benedetto XVI, la Chiesa deve servire questa missione anche nella forma della presentazione del Vangelo a questi fratelli e sorelle.
Molti interventi in assemblea hanno chiesto che le comunità ecclesiali assumano un ruolo propositivo non solo nell’accoglienza, ma nella tutela dei diritti, nella promozione della socialità, nel dialogo ecumenico e interreligioso, nella scelta della mediazione sociale, nella cura delle comunità etniche, nel rendere protagonisti i giovani immigrati, nel sostegno della cooperazione e dell’imprenditoria – soprattutto femminile – straniera, nei progetti di cooperazione internazionale. La paura dello straniero, il rifiuto e i pregiudizi non possono trovare casa nella comunità ecclesiale che, anche attraverso i suoi pastori, è chiamata ad un “di più” di accoglienza, di rispetto e di condivisione. Il riconoscimento della dignità della vita del migrante che giunge nel nostro Paese è l’esplicita declinazione di una premessa indispensabile per la costruzione del bene comune.