Centro Astalli: “No al trasferimento dei richiedenti asilo in Sicilia”

Il Ministero dell’Interno intende portarli dalle varie strutture italiane nel centro unico di Mineo, vicino a Catania.

ROMA – “Mi domando che senso abbia spostare delle persone vulnerabili interrompendo in modo traumatico un difficile percorso di recupero che si sta portando avanti anche con un considerevole uso di risorse”. A dirlo è il Direttore del Centro Astalli padre Giovanni Lamanna, che mostra tutta la sua perplessità di fronte all’ipotesi avanzata dal ministero dell’Interno di trasferire nel “Villaggio della solidarietà” di Mineo, in provincia di Catania, i rifugiati richiedenti asilo dislocati nelle varie strutture italiane. Nella cittadina etnea verrebbero trasferiti – pare in tempi brevi, entro una settimana – anche i rifugiati attualmente presenti nelle altre strutture dedicate ai richiedenti asilo.

 
Ma, fa notare il Centro Astalli, l’idea ha ” conseguenze particolarmente negative ” per quei richiedenti asilo che appartengono alle categorie vulnerabili e che già ora stanno attuando, nei rispettivi territori, delle adeguate terapie di supporto. Si tratta di persone ” vittime di tortura o con problemi psichici e psichiatrici, per le quali, anche attraverso l’utilizzo di risorse economiche del Fondo Fer (Fondo europeo rifugiati) ” .
“Si tratta di persone – spiega padre La Manna – che hanno cicatrici non solo fisiche e che sono oggi seguiti da psicologi e pschiatri di primo livello, con una terapia personalizzata basata sulla fiducia e sulla continuità che si instaura fra i soggetti coinvolti: che ne sarà di questi progetti se queste persone saranno sradicate dal contesto in cui vivono attualmente? E secondo quale logica, poi, abbiamo investito risorse importanti su questi percorsi per poi procedere ad un trasferimento forzato che li interrompe? In questo modo si vanificherebbe tutto il lavoro fin qui svolto, causando loro ulteriori danni”. La Manna si chiede allora “quale è la finalità di una decisione simile”: “Noi – dice – offriamo i nostri servizi e la nostra esperienza: quali servizi e quale esperienza queste persone potranno contare? E comunque perchè interrompere il loro percorso?”.
Più in generale, poi, La Manna critica la tendenza a impiegare risorse per la prima accoglienza senza rendersi conto che oltre al pasto caldo e all’alloggio c’è bisogno di servizi capaci di prendere immediatamente in carico la persona e di incentivarne la voglia di fare, ” senza rischiare di mortificare la loro dignità negando loro autonomia “.