Segni e volti nascosti di una prossimità ai profughi e rifugiati del Nord Africa

Una nota di mons. Giancarlo Perego, Direttore generale della Fondazione Migrantes

Roma – Il cammino dei profughi Nordafricani verso la Tunisia e l’Egitto, ma anche verso altri Paesi africani continua. E’ un popolo di oltre 200.000 persone in fuga. Si ripete ed emerge anche il dramma di chi, profugo soprattutto dal Corno d’Africa, era stato fermato da mesi e addirittura da anni in terra libica, in condizioni disumane: 10.000 persone dimenticate. Continuano anche gli sbarchi sulle coste di Lampedusa e siciliane delle persone provenienti dal NordAfrica: ormai oltre 8.000 persone hanno trovato accoglienza grazie all’impegno dell’Italia, apprezzato anche dall’Unhcr. Nel complesso, però, le risposte politiche italiane ed europee a queste persone e famiglie in fuga, a questi Paesi confinanti sono ai primi passi. Il decreto sullo stato di emergenza umanitaria varato dal Consiglio dei Ministri non è ancora operativo, anche perché l’Europa teme che lo stato di emergenza in Italia si trasformi poi in richiesta d’asilo in altri Paesi. Cresce l’andirivieni di richiedenti asilo e rifugiati dai Cara ai Centri di accoglienza. Forse sarebbero necessari segnali puntuali di una chiara e consapevole regolamentazione del fenomeno. In realtà, nessun rafforzamento degli strumenti della protezione internazionale (asilo, rimpatri assistiti, protezione sussidiaria, protezione temporanea…) è stato approvato. Nessuna discussione sulla proposta dell’asilo europeo dopo Lisbona, alla luce anche dei fatti nordafricani. Nessun rafforzamento della rete dello SPRAR è stato disposto, pur dietro la proposta dell’ANCI di oltre 1000 posti immediati. Nessun decreto flussi straordinario è stato valutato, pur in presenza di molti immigrati che si dichiarano in ricerca di lavoro o con familiari in Italia. Gli aiuti di una nave italiana testimoniano un segnale di un aiuto umanitario in Libia, certamente da rafforzare. Intanto, la Francia inizia a lamentarsi per i già oltre 1000 tunisini che hanno superato la frontiera italo-francese. Se i segnali pubblici sono deboli e contradditori, ci sono segni e protagonisti nascosti in questa emergenza umanitaria. Tra di essi ricordiamo, anzitutto, la gente del mare: le capitanerie di porto, i guardiacoste, i pescatori del Mediterraneo. Sono persone che in silenzio curano le frontiere del Mediterraneo con l’attenzione anzitutto a tutelare le persone, in un’azione umanitaria che viene messa al primo posto a fronte del lavoro da svolgere e del profitto. Ad esempio, ieri, due motopescherecci mazaresi hanno salvato e trasportato a terra 28 superstiti di un barcone affondato con 30 persone, sfidando inutilmente il mare in tempesta per cercare di salvare le due persone in mare. Un altro segnale di attenzione è venuto dalle suore scalabriniane, che hanno voluto in una lettera ricordare a tutti le 60 religiose, di nazionalità diverse, di 16 comunità religiose, che nonostante la crisi economica, la guerra civile hanno voluto rimanere in Libia, in una scelta evangelica di prossimità a chi è nel dolore e allo sbando. I lavoratori del mare e le religiose sono due segni di una umanità che mette al centro la dignità della persona. Sempre.