Famiglie migranti più integrate, ma più povere.

Due ricerche di Ismu e dell’Istat fotografano la realtà dei regolari.

Milano – Piccoli passi avanti nel Belpaese nel campo dell’integrazione degli immigrati rispetto all’Ue e al Nordamerica, dove siamo dignitosamente decimi. E la conferma che le famiglie con almeno uno straniero, che nel nostro paese sono 2 milioni e 74 mila (l’8,3%) occupano stabilmente gli ultimi gradini della scala sociale soprattutto al Nord. Un terzo è infatti povera.
Lo rivelano due ricerche che fotografano il fenomeno migratorio legale partendo da leggi e condizione sociale in tempi di crisi.
L’Italia deve rimuovere insomma diversi ostacoli sulla strada della piena cittadinanza. Sul piano legislativo lo afferma “Mipex III”, l’indice che misura l’integrazione degli immigrati regolari in 31 paesi (oltre ai 27 dell’Ue, Norvegia, Svizzera, Canada e Stati Uniti), cui ha collaborato la Fondazione Ismu. I risultati mostrano miglioramenti, seppur lenti, delle politiche e siamo al decimo posto facendo la media dei risultati per settore. Aree da rivedere: partecipazione politica, istruzione, rimozione delle discriminazioni.
Va detto, però, che quanto a partecipazione, in tutti i paesi in esame le politiche in atto non incoraggiano.
L’Italia comunque si colloca al 14° posto nella classifica Mipex. Male anche un altro settore strategico come l’istruzione, dove siamo al 19° posto, anche se leggermente sopra la media comunitaria.
Da rivedere anche le politiche antidiscriminazione, dove l’Italia è 15esima. Invece nel ricongiungimento famigliare sappiamo garantire maggiori diritti e raggiungiamo il 6° posto. Anche se il quadro non è roseo. Come molti italiani, i soggiornanti non comunitari trovano difficile trovare casa e impiego legale, in più devono soddisfare requisiti ancora elevati di reddito e alloggio per ricongiungere le famiglie.
Che gli immigrati siano integrati, anche se fanno complessivamente fatica a sbarcare il lunario, lo conferma l’Istat nel rapporto “Le famiglie con stranieri: indicatori di disagio economico” riferito al 2009. Per l’istituto di statistica, i regolari sono 4 milioni e 235 mila, pari a circa il 7 per cento della popolazione totale. Inoltre, aggiunge il dossier, la quota di famiglie miste sul totale di quelle con stranieri, indicatore del grado di integrazione, è pari al 22 per cento.  Il quadro geografico è netto. Al Nord c’è più integrazione. Le famiglie con stranieri risiedono prevalentemente nel Nord-ovest (un terzo) e nel Nord-est (un quarto). Il 27% vive nel Centro e al Sud circa 15. Sono composte da individui più giovani, con un’età media di 30 anni contro i 43 delle famiglie di soli italiani. La maggioranza dei nuclei con stranieri vive in affitto o subaffitto (58% dei casi contro il 16 delle famiglie italiane). Solo un quinto vive in abitazioni di proprietà contro il nostro 70 per cento. Quelle con stranieri si trovano inoltre più spesso in condizioni di sovraffollamento. Il rapporto è 13 a cinque.
Infine gli indicatori di povertà materiale. La deprivazione tocca circa un terzo delle famiglie con stranieri contro il 14 per cento delle famiglie italiane. Il divario è più ampio nelle regioni del Nord e del Centro rispetto alle regioni del Mezzogiorno. Inoltre, tra le famiglie con stranieri le difficoltà risultano più marcate: più della metà delle famiglie povere lo è in maniera grave contro il 43 per cento delle famiglie di casa nostra. Interessante il raffronto sul possesso di beni durevoli. Mentre sono a livelli nostrani gli acquisti frigoriferi, televisore, telefonini e lavatrici, anche se è frequente il caso di condivisione, come nell’Italia degli anni 50, un’auto (la possiede il 61 per cento contro il nostro 79) e, soprattutto, una lavastoviglie (22%, meno venti rispetto a noi) sono per molti un miraggio.
Inoltre i nuclei con stranieri si trovano più spesso in difficoltà nel far fronte alle spese quotidiane necessarie. Ad esempio, il 28% non ha avuto i soldi per i vestiti contro il 16 per cento delle famiglie di italiani. E quasi un quarto si è trovato in arretrato almeno una volta negli ultimi 12 mesi con le bollette contro l’8 per cento delle famiglie italiane. Le nude cifre confermano che, nonostante tutto, resistono e vogliono restare, come dice la scelta irreversibile di portare in Italia il coniuge e i figli. Nonostante la crisi, i salari più bassi e una politica che stenta a riconoscerli come cittadini. (P.Lambruschi – Avvenire)