Fratelli dell’uomo

Le rimesse economiche degli emigrati valgono più del doppio di tutti i fondi internazionali

Padova – Sono l’Africa e l’America latina i due fronti d’impegno di Fratelli dell’uomo, associazione per la solidarietà internazionale con il Sud del mondo. In Africa i progetti si sviluppano in Senegal, Burkina Faso e Repubblica democratica del Congo, mentre in America latina Fratelli dell’uomo è presente in Brasile, Bolivia, Perù, Guatemala e Repubblica Dominicana.
Dal 2005 l’associazione, fondata nel 1969 da Adolfo Soldini (una curiosità: è padre del velista Giovanni e del regista Silvio) ha una sede anche a Padova come riferimento per tutto il Veneto in cui è impegnata nel territorio con iniziative di educazione allo sviluppo e alla cooperazione decentrata. “Radicarsi e dialogare con un territorio nuovo – si legge nel sito – significa non essere autoreferenziali e circoscritti, ma disponibili alla conoscenza e alla collaborazione con i soggetti del territorio quali enti locali, scuole ed enti privati”.
L’impegno dell’associazione è legato soprattutto a garantire autonomia alimentare. Infatti, due dei più importanti progetti sono quello per lo sviluppo della risicoltura e dell’autosufficienza alimentare nella zona di Guelakh in Senegal e il progetto di diffusione dell’energia solare in una zona rurale sempre in Senegal. Tra i progetti latino americani c’è l’impegno accanto al movimento sem terra in Brasile, con attività di formazione su agricoltura sostenibile e sicurezza alimentare rivolte ai giovani del movimento, e in Bolivia il sostegno alla diffusione dell’agricoltura biologica e la difesa della biodiversità.
Nei paesi africani in cui siete presenti avete contatti con la cooperazione cinese? Come la giudicate?
”La mia impressione – sottolinea Viviana Rocchi, responsabile della sede veneta dell’associazione – è che la presenza cinese non venga percepita dai nostri partner come una vera e propria cooperazione, bensì come una forma di penetrazione economica e commerciale che, come tutti i fenomeni, può avere aspetti positivi e negativi. Viene evidentemente apprezzata la disponibilità di beni a basso costo, anche se di qualità inferiore (mezzi di trasporto, macchinari agricoli) e vengono criticate le condizioni di lavoro praticate ai dipendenti locali”.
Dal vostro osservatorio com’è cambiata la cooperazione internazionale in questi ultimi anni?
È difficile fare un bilancio di un fenomeno così differenziato, forse l’aspetto nuovo più interessante è costituito dalla crescente importanza del ruolo degli immigrati: da un lato le rimesse economiche valgono più del doppio di tutti i fondi della cooperazione a livello globale, dall’altro si rafforza la consapevolezza che gli immigrati possono giocare un ruolo positivo per lo sviluppo dei loro paesi di provenienza sia in termini di investimenti produttivi, sia in termini di trasferimento di tecnologie e competenze professionali”.
La progressiva carenza di fondi da parte dello stato italiano sta riducendo anche i vostri progetti di cooperazione?
”Siamo stati per fortuna abbastanza lungimiranti da scegliere di non dipendere dai finanziamenti dello stato per portare avanti i nostri progetti. Certo una grande nazione industriale che non ha una sua politica di cooperazione e non si dota delle risorse adeguate, rinuncia ad avere un ruolo internazionale e di questo risente inevitabilmente tutto il ‘sistema Itali’”.
Come sta cambiando la fisionomia del donatore e il rapporto che lo lega alla vostra associazione?
La crisi economica ha provocato una certa stanchezza da parte del grande pubblico, peraltro il nuovo donatore vuole essere più informato e coinvolto nelle iniziative delle associazioni di solidarietà internazionale”. (La Difesa del Popolo – www.difesapopolo.it)