Già 800 gli italiani rimpatriati

Ma c’è chi è bloccato

Roma – Ottocento italiani rimpatriati in 48 ore. La Farnesina ieri sera ha fatto i conti sulla situazione dei nostri connazionali “sospesi” tra Tripoli e l’Italia, un po’ per tenere informate le famiglie, un po’ per rispondere alle polemiche che si sono sollevate negli ultimi due giorni e secondo cui molti connazionali sarebbero stati abbandonati a se stessi in Libia.

 
«Stiamo operando senza soluzione di continuità per far defluire dalla Libia tutti i connazionali che hanno manifestato la volontà di lasciare il Paese», hanno precisato dal Ministero degli Esteri. La preoccupazione, tuttavia, resta alta per i 150 lavoratori italiani della Tecnomontaggi, bloccati al campo Lisco della Lybian Iron Steel Company, vicino al Porto commerciale di Misurata. La Farnesina è al lavoro per evacuarli e riportarli presto a casa, forse via mare, perché i rivoltosi hanno reso inagibile la pista dell’aeroporto spargendovi cumuli di ghiaia. E intorno a loro, almeno secondo le loro testimonianze via Skype a parenti e amici, impazzerebbero rivolta e cannonate. Proprio tramite Internet, e in particolare le e-mail, Skype e Twitter, sono emerse anche le odissee di altri italiani in Libia: nel Paese sarebbero bloccati anche 11 dipendenti della Ericsson che vivono nel Campus a 25 chilometri da Tripoli (e che per ben tre volte avrebbero tentato di partire dall’aeroporto ma sarebbero poi fuggiti), alcuni archeologi della missione Acacus (finanziata dall’Eni) e 50 turisti. Per ora sono “protetti” dal deserto, dove si trovavano al momento dello scoppio della rivolta.