Gli egiziani di Milano temono l’integralismo

Il responsabile della comunità copta cattolica: “La paura non è finita e le preoccupazioni sono molte”.

Milano – Non accenna ad arrestarsi l’onda di ribellione nei Paesi arabi. Dopo la Tunisia e l’Egitto, che dopo le proteste di piazza e i morti ha esultato per le dimissioni di Mubarak, hanno alzato la testa anche i popoli dell’Iran, contro il governo di Ahmadinejad, e ora è il turno di Libia e Bahrein. Situazione internazionale infuocata, dunque, con epicentro proprio nel bacino del Mediterraneo. Ma come vivono queste settimane di tensione e scontri gli stranieri che vivono a Milano e che attraverso internet e contatti telefonici con le famiglie d’origine seguono minuto per minuto l’evolversi della situazione? «La paura non è finita e le preoccupazioni sono molte», è il primo commento a caldo di padre Magdi Tedawos, responsabile della comunità copta cattolica egiziana di Milano. Le sue riflessioni sono quelle condivise ogni domenica dalla comunità di fedeli, un centinaio di persone circa, che si raduna per la celebrazione della messa. «Parliamo molto tra noi di quanto sta accadendo in Egitto, ma anche in tutta l’area del Mediterraneo, e preghiamo ogni domenica perché le cose si evolvano al meglio e perché tutte queste proteste alla fine possano dar vita a Paesi moderni e liberi. Se sarà così, moltissimi egiziani, tunisini, libici torneranno in patria. Ma se le cose andranno per il verso sbagliato e non si faranno passi avanti nella garanzia di libertà e condizioni di vita migliori per tutti, allora saranno molti di più quelli che scapperanno ancora dalle loro terre». Padre Magdi non ha molte risposte, soprattutto punti interrogativi: «Quello che è accaduto non è chiaro, né in Egitto né fuori. Il “gioco” è stato organizzato in modo molto preciso, con metodo, non certo in modo spontaneo. La domanda è chi c’è dietro tutto questo, di chi è la regia. E soprattutto, non è possibile vedere il futuro, cioè in che direzione andrà il Paese: non solo chi prenderà il potere, come cambierà il modo di scegliere il Presidente, ma soprattutto se ci saranno garanzie per tutti, soprattutto per i cristiani e le fasce pacifiche della popolazione».

 
Pericolo incombente è senza dubbio il ruolo dei Fratelli Musulmani: «C’è la forte paura che possano prendere il potere o comunque guidare il cambiamento. Si tratta di una presenza molto forte, organizzata, di un movimento molto intelligente. Se prevarranno, trasformando l’Egitto in un Paese integralista islamico, sarà una cosa molto pericolosa sia per l’Egitto sia per il mondo».
Cristiani e musulmani, soprattutto i giovani – racconta ancora il capo degli egiziani copti milanesi – «sono stati fianco a fianco nella rivolta e si sono organizzati insieme per far fronte alle situazioni più pericolose, difendendo case, chiese e moschee quando il governo ha ritirato i militari dalle strade e i detenuti sono fuggiti dalle carceri. I popoli egiziani sono buoni, ma se il futuro non sarà guidato da questi settori della società ma dai Fratelli Musulmani, le cose non si metteranno bene».
La paura di una prevalenza dell’integralismo islamico regna anche fra i giovani tunisini, che hanno manifestato a partire dalle università. Osama studia a Tunisi e per lui le settimane di protesta di piazza sono state estremamente importanti anche se pericolose, per i duri scontri con la polizia: il suo compito, come quello di molti altri giovani, consisteva nel sostegno concreto ai manifestanti, con la consegna di viveri e indumenti negli accampamenti delle piazze. Dall’Italia lo segue con apprensione la fidanzata, Arianna, studentessa varesina: «Sono state settimane dure, in un certo momento anche con l’oscuramento di internet e dei cellulari, per cui non sapevamo cosa stava accadendo. Adesso la situazione è tranquilla ma le università restano chiuse perché, in attesa del nuovo governo, si teme il riaccendersi di nuovi scontri. Il timore più grande dei giovani, però, è che prevalga l’integralismo islamico invece di continuare sulla strada di un paese moderno e basato sui diritti». (Maria Teresa Antognazza – www.chiesadimilano.it)