Il riscatto dell’isola degli schiavi

Al Forum sociale mondiale il tema delle migrazioni

Dakar – Tra le proposte più significative emerse dal Forum sociale mondiale, tornato quest’anno in Africa, c’è quella di una Carta dei migranti, messa a punto fin nella settimana di lavori a Dakar, in Senegal, un documento che ha la particolarità di essere stato scritto proprio da migranti.

 
Centinaia di delegati di persone costrette a lasciare i loro Paesi, soprattutto africani, hanno tenuto un’assemblea nell’isola di Gorée, nella baia di Dakar, da dove partirono milioni di schiavi per le Americhe.
Un chiaro valore simbolico è stato dato alla scelta di questo luogo, patrimonio dell’umanità, proponendolo come monito da un lato a riscattare l’epoca della tratta e dall’altro a non rendere le rotte della mobilità un modo per ridurre di nuovo in schiavitù tanti esseri umani. Non a caso, l’assemblea si è data come titolo “Gorée 2011, ritorno verso l’umanità” e come tema “Una Carta per un mondo senza muri”.
L’approvazione della Carta è stato il punto d’arrivo di un confronto incominciato nel 2006 dai sans papiers di Marsiglia, e continuato in questi anni nei vari continenti. A Gorée, quei migranti africani hanno chiesto con forza la tutela dei loro diritti.
Nel preambolo della Carta si afferma che “i migranti sono presi di mira da politiche ingiuste, a scapito dei diritti universalmente riconosciuti a ogni essere umano, che portano le persone a opporsi le une alle altre, attraverso strategie discriminatorie fondate sulla preferenza nazionale, l’appartenenza etnica o religiosa. Queste politiche sono imposte da sistemi che cercano di mantenere i privilegi dei pochi, sfruttando la forza lavoro dei migranti”.
La Carta mira anche alla formazione di un’alleanza mondiale dei migranti che promuova la loro partecipazione alla creazione di un mondo plurale, solidale e responsabile. I più significativi principi enunciati nel documento sono l’accesso all’istruzione, i diritti al lavoro, alla sicurezza, all’alloggio, libertà di riunione, il diritto a poter parlare la propria lingua materna e a far conoscere la propria cultura.
Nel documento, non manca una radicale ed estensiva interpretazione del diritto a migrare, sancito dalla Carta delle Nazioni Unite. A Gorée è stato infatti chiesto il riconoscimento del diritto a poter vivere ovunque, di fatto un’utopia. Ma l’analisi fatta a Gorée, comunque, resta ancorata alla realtà riguardo ai mutamenti dei flussi migratori e alle loro conseguenze sul piano economico, sociale e della sicurezza della convivenza, oltre che sui loro collegamenti al generale contesto geopolitico.
La strage delle migliaia di persone morte mentre tentano di raggiungere un futuro migliore è solo uno degli aspetti di questa tragedia. Al Forum di Dakar diverse voci hanno sostenuto, per fare solo un esempio, come le crisi in atto nel Maghreb siano determinate anche dal venir meno della valvola di sfogo che negli ultimi decenni l’immigrazione in Europa ha rappresentato per le fasce più in difficoltà delle popolazioni di quei Paesi.
Un legame tra crisi nel Maghreb e immigrazione irregolare è stato fatto nelle stesse ore dal segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, in una conferenza stampa tenuta a Bruxelles. Secondo Rasmussen, i disordini in Egitto, come quelli in Tunisia e in altri Paesi dell’Africa settentrionale e del Vicino Oriente non costituiscono una minaccia diretta per i 28 membri dell’alleanza, ma potrebbero avere un impatto sul processo di pace nella regione e sulla sua stabilità in generale. Al tempo stesso potrebbero avere, in una prospettiva di più lungo termine, riflessi sulle economie “che potrebbero aumentare l’immigrazione illegale in Europa e, quindi, indirettamente l’evoluzione della situazione potrebbe avere un impatto negativo sull’Europa”.
Diverse sessioni di dibattito al Forum di Dakar, comunque, hanno ribadito che l’unica risposta al dramma dell’immigrazione, come alle altre emergenze dell’Africa e del sud del mondo in genere, stia nello sviluppo locale, su modelli diversi da quelli finora perseguiti. In questo, un ruolo fondamentale ha la tutela delle donne e dei giovani, che costituiscono le parti sociali più deboli e che devono essere sostenuti se si vuole costruire una convivenza più attenta agli autentici bisogni delle popolazioni.
La questione è rilevante anche riguardo al fenomeno della mobilità umana. Sono infatti proprio le donne e i giovani, per non dire i bambini, a rimanere più facilmente vittime dei trafficanti di esseri umani che sfruttano la disperazione di tanti infelici. (P. Natalia – Osservatore Romano)