Brescia: una lettera alla comunità immigrata

Diffusa questa mattina nella festività dei patroni della città e della diocesi

Brescia – In occasione delle festività dei Santi Faustino e Giovita, patroni della città e della diocesi, mons. Luciano Monari, Vescovo di Brescia, ha scritto una lettera sulla pastorale per gli immigrati.

 
“L’immigrazione – scrive il presule – è uno dei fenomeni più rilevanti degli ultimi anni. Come Vescovo non posso non interrogarmi sul suo significato e sulla risposta che la comunità cristiana è chiamata a dare”.
La lettera è stata presentata questa mattina nel corso di una conferenza stampa alla quale ha partecipato anche p. Mario Toffari, -Direttore della pastorale Migrantes della diocesi.
Lo scopo del testo – è stato detto – è quello di aiutare, soprattutto la Chiesa, ma anche la società, ad affrontare questo tema complesso con più serenità.
Nella lettera che porta il titolo “Stranieri, ospiti, concittadini” il presule scrive che l’immigrazione in Italia è “uno dei fenomeni più rilevanti degli ultimi anni, un fenomeno che è destinato a segnare in modo significativo il futuro del nostro paese come, d’altra parte, il futuro dell’intera Europa occidentale” e “produce una serie di problemi che è compito della politica affrontare e risolvere nel modo migliore”. Ma “il problema non è solo politico; è anzitutto un problema umano, quello dell’incontro, del confronto e dell’interazione di persone che provengono da paesi diversi, parlano lingue diverse e sono portatrici di culture diverse”.
Mons. Monari non può naturalmente affrontare “i numerosi e complessi problemi che questo fenomeno pone e che vanno ben al di là delle mie competenze”, ma come vescovo non può non interrogarsi “sul significato del fenomeno e sulla risposta che la comunità cristiana è chiamata a dare”.
“È giusto anzitutto chiederci – afferma il vescovo – che cosa ci domanda il Signore attraverso questo imponente fenomeno”.
“Giungono nella nostra terra – prosegue mons. Monari – persone che provengono da altre Chiese: cattolici provenienti dall’America Latina, ortodossi che vengono dall’Europa orientale, cristiani cattolici e protestanti che vengono dall’Africa e dall’Asia”. È necessario impegnarsi “attivamente per offrire un’accoglienza calda” agli immigrati cattolici, “ci vogliono persone che prendano l’iniziativa di andare incontro ai nuovi arrivati, di interessarsi di loro, di introdurli poco alla volta nei diversi luoghi e alle diverse iniziative della parrocchia”. Inoltre, “la diocesi ha eretto una ‘missio cum cura animarum’, con il suo centro alla Stocchetta, che opera in vari luoghi del territorio diocesano grazie all’apporto di missionari di varie etnie. Alla Stocchetta viene celebrata regolarmente l’eucaristia nelle principali lingue (inglese, polacco e spagnolo); in altre chiese vengono celebrate messe in francese, inglese (per gli africani e per i filippini), cingalese, ucraino”. Secondo il presule, “partecipare a queste eucaristie celebrate nella lingua nativa permette ai cristiani immigrati di sentirsi a proprio agio, di comunicare con connazionali, di pregare secondo forme loro usuali”. Comunque, aggiunge mons. Monari, “vanno valorizzate tutte le occasioni per introdurre i cristiani immigrati nella vita della comunità”.
Un “ragionamento analogo” andrà fatto per i cristiani ortodossi e per i protestanti o evangelici. Naturalmente “i problemi più difficili si presentano nel rapporto tra la comunità cristiana e immigrati di altre religioni: musulmani, induisti, buddisti… Con tutti questi non c’è evidentemente una comunione di fede”. In questo caso, sottolinea il vescovo, “dobbiamo partire dalla convinzione che tutti gli uomini formano una famiglia unica, voluta e creata da Dio” e “se Dio ama ciascun uomo, lo stesso amore aperto a tutti è chiesto a ciascuno di noi”.
“Spesso accade – ricorda mons. Monari – che bambini e ragazzi di altre religioni partecipino alla vita degli oratori e costruiscano nell’oratorio rapporti sinceri di conoscenza, di rispetto e di amicizia”. Sono esperienze “da incoraggiare perché creano fiducia e contribuiscono a migliorare il clima stesso della convivenza sociale”. L’unica avvertenza “è che la presenza di ragazzi di altre religioni non affievolisca l’impegno di fede, di maturazione ecclesiale dei gruppi di ragazzi”. Comunque, conclude mons. Monari, “il problema dell’immigrazione non riguarda solo la prassi della comunità cristiana al suo interno” e “i cristiani sono chiamati a partecipare alla vita politica che definisce i parametri della convivenza delle persone; e debbono fare questo in un modo che sia coerente con la loro fede”.