Padova: le suore straniere, presenza che cresce

Sono ormai più di cento e portano la loro freschezza. Suor Pavan dell’Usmi di Padova: “Così le aiutiamo a inserirsi”

Padova – È un dato di fatto e una certezza che consola: la presenza di religiose in diocesi di Padova è ancora importante e feconda. Più di 2 mila, strutturate in 235 comunità, sono attive con il loro impegno nella catechesi, nella liturgia, nella scuola dell’infanzia come nel settore sanitario.

 
“Siamo ancora davvero tante – afferma suor Teresa Pavan, delegata diocesana dell’Usmi di Padova (Unione Superiore Maggiori Italiane) – e sentiamo quanto sia importante dar voce al nostro servizio, che è fatto di impegno quotidiano, ma anche di attenzione alla formazione e al confronto e scambio tra di noi. Provocatoriamente mi chiedo: sarebbe davvero la stessa cosa se noi non ci fossimo?”.
La risposta è davvero scontata: basti solo pensare al servizio svolto nelle scuole materne o all’impegno inesauribile in ospedali, case di cura o di ricovero, non ultime l’Opsa e Casa madre Teresa. Collegate a un’idea “antica” dell’essere chiuse dentro al loro convento, le comunità religiose femminili sono in realtà sempre più inserite nel tessuto diocesano (chi con più fatica, chi più facilmente), partecipano alla proposta di incontri formativi in itinere, proposti e organizzati dall’Usmi, con relatori adeguati e preparati, per sostenere il loro servizio, confrontarsi e conoscersi sempre più tra loro. “Ci siamo accorte come consiglio – continua la delegata – che era necessario anche andare incontro alle comunità presenti nei vicariati più lontani, per far sentire la vicinanza della diocesi e camminare così insieme. Ci siamo messe allora in viaggio, e ancora lo siamo, per incontrare davvero tutte le nostre consorelle. Da questi incontri è emersa una realtà interessante: continua infatti ad aumentare, da dieci anni a questa parte, all’interno delle nostre comunità, la presenza di consacrate straniere, anche molto giovani”. Sono, infatti, più di 100 le suore non italiane, originarie per lo più del mondo orientale e in particolare di India, Filippine e Indonesia, presenti in diocesi in 17 comunità.
“Il loro arrivo, motivato da una necessità di supplenza, perché chiamate a riempire i vuoti per il calo delle vocazioni in Italia – spiega suor Pavan – è davvero per tutte noi occasione di rinnovamento interno del nostro modo di tradurre la vocazione, la nostra spiritualità, servizio e preghiera e al tempo stesso di gratitudine per quanto davvero ci stanno regalando, pur anche nella sofferenza personale iniziale: ci rendiamo infatti conto di cosa significa essere sradicati dal proprio contesto, lingua, costumi?”.
Ai primi di novembre si è tenuto all’Opsa un primo incontro tra le suore provenienti da altri paesi. Sono emerse dal confronto interno alcune difficoltà, che concernono in particolare la lingua e l’uso del computer. “Questi problemi troveranno rapidamente risposta – continua suor Pavan – all’Istituto Maria ausiliatrice è attiva una scuola di alfabetizzazione cui potranno partecipare e all’Istituto Don Bosco riceveranno una prima infarinatura sull’utilizzo del computer. Un’altra importante esigenza è quella di avere un sacerdote come punto di riferimento spirituale”.
Ma cosa comporta per una comunità religiosa aprirsi a consorelle provenienti da un “mondo” diverso?
“All’inizio è una sofferenza più per chi arriva: vengono infatti catapultate in comunità che già corrono di proprio. Dobbiamo pertanto attuare nei loro confronti un’importante attenzione: stare al loro passo, permettere loro di esprimere anche la propria sensibilità e retroterra culturale. Questa nuova presenza nei nostri istituti ci dà e offre una freschezza, una ricchezza e un dinamismo spirituale senza pari. È occasione importante di rinnovamento e apertura. È molto più quello che ci viene da loro donato, di quello che noi possiamo trasmettere.
Pensiamoci bene: sono persone che hanno dato davvero la vita e pagano qui da noi il prezzo del loro servizio. A noi regalano una riscoperta: quella dell’essenzialità delle cose, della discrezione, del mettersi a fianco senza fretta, di una spiritualità fatta di ascolto e abbandono”.
(C. Belleffi – La Difesa del Popolo)