Minori stranieri: “anno nero” per l’integrazione e l’accoglienza in Italia

Lo denuncia il rapporto 2010 di Save the Children

Roma – Negli ultimi 7 anni il numero di minori stranieri residenti è passato da 412.432 al 1° gennaio 2004 a 932.000 al 1° gennaio 2010, pari all’8% della popolazione minorile italiana. La maggior parte dei minori stranieri residenti – circa 572.000, il 10.4% in più rispetto al 2009 – è nata in Italia. E’ la cosiddetta generazione 2 (G2). Vi è poi un numero crescente di minori, rimasti nella prima infanzia con i nonni nel paese di origine, che raggiunge i genitori in Italia nella prima adolescenza. Parliamo della cosiddetta “generazione 1 e mezzo”, un gruppo di minori che può incontrare gravi problemi di inserimento, sia dal punto di vista scolastico che familiare, e che necessita di particolare attenzione e sostegno. Sono alcuni dati e conclusioni del 2° Rapporto annuale di Save the Children su “I minori stranieri in Italia, frutto anche dell’attività che l’organizzazione conduce al fianco di circa 2.300 minori stranieri – minori non accompagnati, in famiglia, di “seconda generazione”- attraverso progetti nel campo dell’educazione, della giustizia minorile, dell’accoglienza, della lotta alla tratta e allo sfruttamento. Secondo i dati dell’organizzazione, diffusi ieri, Cremona (27.6%), Lodi (27.3), Brescia (27.2), Mantova (27), Bergamo (26.9), Prato (26.7), Vicenza (26.3), Treviso (26.3), Reggio Emilia (26), Lecco (25.4) sono le prime 10 province italiane con la percentuale più alta di minori stranieri (in rapporto alla popolazione straniera). Nella gran parte di esse l’incidenza della popolazione minorile straniera su quella italiana è superiore al 15%, cioè un minore su 6 è straniero.
Una presenza che, stando alle recenti stime dell’Istat – spiega Save the Children – è cresciuta ulteriormente nel corso del 2010: 104.000 sono infatti i nuovi nati stranieri lo scorso anno, pari al 18,8% del totale delle nascite.
In Italia sono presenti anche 4.438 minori stranieri non accompagnati: il 90% sono maschi, per la gran parte (l’85%) fra i 15 e i 17 anni ma non mancano 12enni, 13enni e 14enni. Il gruppo più numeroso è costituito dai minori afgani (20%), seguito dai minori provenienti dal Marocco (14.7), Egitto (11), Albania (9), Bangladesh (5), Somalia (3.9), Repubblica del Kosovo (3.8), Palestina (3.1), Eritrea (3). “I ragazzi afgani si confermano un flusso in costante crescita”, spiega Raffaela Milano, Responsabile dei Programmi Italia-Europa di Save the Children Italia: “tuttavia va ricordata la presenza del gruppo consistente dei minori rumeni, anche rom, che però non sono più computati perché neo-comunitari”.
In diminuzione – secondo il rapporto – appare invece il flusso di minori provenienti dai paesi del Corno d’Africa – Eritrea, Etiopia e Somalia.
Quanto agli altri minori che continuano ad arrivare nel nostro paese, i loro viaggi sono “sempre più rischiosi, nascosti dentro Tir o furgoni, nel caso di minori afgani o bengalesi, o su navi da diporto irriconoscibili e non facilmente intercettabili, nel caso di minori provenienti per esempio dal medio-oriente”, denuncia l’associazione. A gestire i viaggi sono “trafficanti che chiedono per ciascun ragazzo 4-5.000 euro. Per ripagare il debito contratto dalle famiglie, i ragazzi sono molto esposti al rischio di sfruttamento o di caduta in circuiti di devianza ed illegalità”.
“Alla domanda su come l’Italia ha provveduto all’accoglienza, integrazione, protezione, istruzione di un milione di minori stranieri che sono sul nostro territorio, la riposta è che il 2010 è stato un anno nel complesso critico, in cui sono stati compiuti molti passi indietro”, spiega Raffaela Milano. Occorre “fare subito almeno tre cose: dare seguito alle misure sull’integrazione dei minori previste nel Piano nazionale ‘identità e incontro’- varato dal Governo nel maggio 2010 che ora deve essere attuato, potendo contare sugli investimenti necessari; rivedere le norme sulla cittadinanza per chi è figlio di genitori non italiani prevedendo il riconoscimento della cittadinanza prima del compimento del diciottesimo anno in modo che possa sentirsi pienamente ‘cittadino’ del paese in cui è nato e cresce; approntare un programma organico per la protezione dei minori stranieri che vivono le condizioni di maggior rischio. Un segnale positivo è venuto, su quest’ultimo punto – spiega l’associazione – dall’approvazione nel mese di ottobre, da parte del Parlamento, di una mozione unica, sottoscritta da deputati delle diverse parti politiche, volta a rafforzare la tutela dei minori stranieri non accompagnati cui ora è necessario dare seguito”.
Per Save The Children “misure che affievoliscono i processi di integrazione si sono registrate anche in luoghi e istituzioni fondamentali come la scuola”. L’associazione ritiene”che la strada da percorrere non possa essere quella delle soglie di sbarramento per gli alunni stranieri nelle classi, ma vi sia bisogno di rafforzare la scuola con risorse e strumenti, affinchè possa giocare a pieno il suo ruolo chiave nei processi di integrazione”, prosegue Raffaela Milano: “sappiamo che la crisi economica ha avuto un grave impatto sulle famiglie con bambini e che le famiglie di origine straniera sono tra quelle più colpite. E’ bene ricordare che quando un capofamiglia straniero resta disoccupato, seppure entrato regolarmente in Italia, rischia automaticamente di commettere il ‘reato di clandestinità’, e di interrompere in modo drammatico il percorso di integrazione di tutta la sua famiglia, magari avviato da anni. In questo scenario difficile per le famiglie straniere e per quelle italiane, si è inserita la drastica diminuzione delle risorse destinate ai servizi per l’infanzia, quando proprio questi servizi diventano più necessari. Occorre invertire questa tendenza, considerando la spesa per questi servizi, a partire dagli asili nido, non come un costo ma come un investimento irrinunciabile”.
“E lesivi di diritti fondamentali – aggiunge il rapporto – quale quello alla salute, all’istruzione, alla sicurezza abitativa sono stati altri provvedimenti che hanno interessato specifici gruppi di minori stranieri nel 2010, come i numerosi sgomberi di insediamenti rom avvenuti senza la definizione di percorsi di accoglienza e integrazione. Provvedimenti che hanno contribuito di fatto ad un affievolimento dei diritti dei minori, in violazione dei principi generali dell’ordinamento italiano e degli standard di diritto internazionale”.