Monsignor Bux: un anno dopo i fatti di Rosarno

Nel gennaio dello scorso anno la cittadina calabrese fu teatro di violenti scontri tra immigrati e gruppi di abitanti di Rosarno

Rosarno (RC) – Il 7 gennaio del 2010 (e nei giorni successivi) la cittadina calabrese di Rosarno fu teatro di violenti scontri tra immigrati (che lavoravano nei campi per dodici ore al giorno, per un compenso di dieci euro quotidiani) e gruppi di abitanti di Rosarno. All’origine dei disordini il ferimento con fucili a pallini di due extracomunitari. Diversi i feriti, incendiati tra l’altro cassonetti e automobili. Le forze dell’ordine costrinsero la maggior parte dei circa tremila immigrati a trasferirsi in centri di raccolta, altri scapparono, pochi restarono. Il 26 aprile, in una grande retata, la polizia arrestò una trentina di persone accusate di ‘associazione per delinquere’ e altri reati; tra loro diversi ‘caporali’ che reclutavano gli immigrati da sfruttare. A un anno dalla rivolta e dagli scontri abbiamo chiesto a monsignor Luciano Bux, il settantaquattrenne vescovo di Oppido Mamertina-Palmi (tra l’altro di questi tempi molto preoccupato socialmente per l’avvenire del porto di Gioia Tauro), di ricordare l’accaduto e di dirci se e quanto oggi la situazione è cambiata.
Monsignor Bux, ritorniamo a quel 7 gennaio del 2010: quando e come Lei apprese la notizia della rivolta? Quale fu la Sua prima reazione?
Appresi a frammenti della situazione che si andava creando a Rosarno sia tramite telefono che da sacerdoti e laici che mi riferivano di persona quello che anch’essi apprendevano: ero in Curia la mattina del 7 gennaio. La mia prima reazione fu il proposito di rendermi conto in maniera meno frammentaria di quel che stava succedendo.
Notizie e servizi dei massmedia inducevano a pensare a una rivolta dei braccianti africani contro i rosarnesi e una violenta reazione di questi ultimi contro i rivoltosi. E’ stato effettivamente così oppure la realtà era diversa?
A gennaio 2010 i lavoratori stranieri a Rosarno – fra regolari e irregolari – erano circa 3000. Venivano già da oltre un decennio nel periodo da novembre ad aprile per la raccolta degli agrumi. In tutti questi anni non si era mai manifestata ostilità né da parte dei rosarnesi né da parte degli stranieri, anche perché un certo vantaggio economico era reciproco.
Che cos’è successo allora, tanto da provocare i gravi disordini avvenuti?
Anche sulla base di notizie accertate, abbiamo capito – io e molti del clero e dei laici di qui – che nel gennaio 2010 il ‘caso’ è stato creato ad arte dalla malavita locale (n’drangheta), che fino ad allora gestiva totalmente la manodopera, quasi tutta straniera, della raccolta degli agrumi, sia per uso domestico che per uso farmaceutico e profumiero. In breve: avendo i ‘signori’ ormai fonti di guadagno ben più cospicue e provenienti da ben altra ‘merce’, avevano deciso di porre fine alla propria gestione del settore agrumerario.
Allora lo scontro non ha avuto nulla di ‘razziale’ secondo la vulgata diffusa da molti massmedia…
Tanti massmedia specie nazionali (stampa e tv) hanno definito razziale lo scontro: ma questa è stata un’interpretazione fantasiosa di chi non conosceva la realtà locale. Ciò non ha fatto onore alla professione giornalistica.
Come ha reagito la Chiesa locale agli avvenimenti? Incominciamo dal vescovo: Lei ha inviato il 12 gennaio un messaggio al clero e ai fedeli, da leggersi nelle messe prefestive e festive del 16/17 gennaio, in cui ricordava che la Chiesa aveva “accolto gli immigrati non solo come persone umane, ma come fratelli”. Il messaggio è stato letto? Che reazioni ha suscitato? Lei ha avuto riscontri concreti?
Il messaggio che, a cinque giorni dall’inizio dei disordini, ho inviato al clero e ai fedeli è stato letto – che io sappia – dappertutto in Diocesi nelle Messe festive della domenica successiva. E’ stato apprezzato specie dal clero, come ho potuto rilevare nel successivo incontro diocesano.
Passiamo ai sacerdoti della Sua diocesi, in particolare a quelli di Rosarno e della piana di Gioia Tauro: si sono fatti promotori di iniziative particolari?
Iniziative particolari per gli immigrati, di sacerdoti e laici sia a Rosarno che nella Piana, negli anni precedenti erano state realizzate già da molti in nome della carità cristiana. Una decina di parrocchie, a Rosarno e nella Piana, avevano già una mensa serale gratuita, gestita dai laici delle parrocchie e spesso con l’aiuto dei diaconi permanenti. Tre laici, due uomini e una vedova (mamma Africa) in vario modo, già da anni aiutavano gli immigrati con viveri, indumenti e oggetti di prima necessità. Medici e farmacisti credenti già prestavano gratuitamente la loro opera per visite, interventi (anche per donne partorienti) e messa a disposizione di medicinali. C’era perfino (e c’è ancora) che si prestava al taglio dei capelli, pur non essendo barbiere di professione, ma insegnante di scuola superiore!
E in quest’ultimo anno, dopo i disordini?
In quest’ultimo anno è migliorato il contributo delle nostre comunità parrocchiali per alleviare il disagio dei fratelli stranieri, che a Rosarno sono solo circa 400, ma in Diocesi superano i cinque-seimila, regolari e non. Le mense serali sono aumentate; qualche famiglia la domenica ospita stranieri a tavola, in alcuni centri urbani le Caritas hanno organizzato ripetizioni scolastiche per i ragazzi stranieri che hanno difficoltà linguistiche, nell’integrazione sociale e frequentano le elementari o la scuola media inferiore.
Infine veniamo ai fedeli di Rosarno e dintorni. Nel messaggio Lei cita quelli “che sono stati solo a guardare” (si intuisce che sono tanti) e quelli “che vivono con la mente ed il cuore lontano da Dio”… I fatti di un anno fa hanno inciso nei comportamenti odierni delle due ultime categorie citate?
A “guardare” ora sono tanti responsabili della cosa pubblica locale e nazionale. Alcuni anche di buona volontà, ma impotenti ad agire: con loro ci eravamo confrontati sulla ‘questione immigrati’ (specificamente di Rosarno) già diversi anni fa. Altri si limitano a dichiarazioni di principio, miniconvegni, marce-ricordo e iniziative simili. I “lontani da Dio”sono coloro che hanno creato i disordini, come ho detto all’inizio (poi i disordini sono sfuggiti di mano anche a loro!).
L’11 gennaio del 2010 Lei aveva tra l’altro dichiarato: “Le leggi, oggi, almeno da queste parti belle, sfortunate e disgraziate, non le fa lo Stato, ma altri”. A un anno di distanza dai fatti di Rosarno Lei conferma questa affermazione? Da quanto ci ha detto prima sembrerebbe di sì…
Confermo.
Si può prevedere che fatti come quelli del 7 gennaio 2010 non accadano più a Rosarno e dintorni?
Secondo me non accadranno più. La malavita che gestiva il commercio degli agrumi si è ampiamente globalizzata, in quanto ora gestisce ben altro, che proviene dall’Europa dell’Est e dall’America latina e viene smerciato in Italia, in Europa e nel Mediterraneo in genere…
E qui, monsignor Bux, ci viene in mente un recente “Primo piano” di Avvenire, dal titolo “Narcos, assalto all’Europa. Messico-Calabria, prove di alleanza”. Al peggio, insomma, non c’è mai limite. (Giuseppe Rusconi – www.ilconsulentere.it)