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Italiani ad Annecy nell’epoca del Coronavirus

8 Maggio 2020 - Annecy - La vita spesso ci tempra con esperienze che sono al limite della nostra sopportazione fisica e psicologica. E’ un attimo lasciarci sprofondare nelle sabbie mobili dello sconforto, dell’ansia, della paura e delle preoccupazioni. Prima del Confinamento dovuto al Coronavirus, qui ad Annecy, cittadina situata in Alta Savoia (Francia), la vita sociale era molto vivace ed intensa. Nell’agglomerato esiste una grande comunità di emigrati italiani: tutti più o meno integrati con la comunità francese, ma le cui origini italiane rivestono una grande importanza anche nella vita sociale. Prima dell’11 marzo di questo funesto 2020 miriadi di avvenimenti culturali ed associativi portavano nella nostra vita quotidiana la nostra Bella Italia: nel mese di ottobre di ogni anno, ad esempio, uno degli avvenimenti culturali più importanti è il Festival del Cinema Italiano, manifestazione che ogni anno presenta un ampio panorama della produzione cinematografica italiana ed offre ad un vasto pubblico anteprime di film di registi italiani e la presenza ad Annecy di attori italiani di fama internazionale, come Pierfrancesco Favino nel 2019. Varie associazioni di Annecy organizzano durante tutto l’anno incontri per la visione di Film Cult Italiani, o serate gastronomiche con la degustazione di prodotti o piatti tipici italiani e non mancano le innumerevoli conversazioni, rigorosamente in lingua italiana, concernenti le città, gli artisti e gli autori italiani. Ci si trova la Domenica mattina in Chiesa per partecipare alla Messa in lingua italiana, pregare insieme, sentire il calore dell’amicizia, scambiarci le ultime notizie e progettare gli avvenimenti della comunità della Missione Cattolica. Dall’11 marzo più nulla: tutto si è fermato. Anche qui le strade sono deserte, si esce da soli, a piedi, per poco tempo, con la bocca che, coperta da una mascherina, non può donare nemmeno un sorriso. Ma…siamo italiani…e non possiamo rinunciare a vederci, a parlare, a pregare…Così, tramite i social la nostra vita, seppur cambiata nelle modalità, non è variata nella sostanza. La domenica mattina, alle 11, ci si collega, via internet, alla Missione Cattolica Italiana e si partecipa alla Santa Messa officiata da don Pasquale Avena, il responsabile della Mci: preghiamo insieme, insieme facciamo la Comunione Spirituale, insieme riceviamo la benedizione dal nostro sacerdote che, ogni domenica, ci invia anche sul cellulare la sua omelia sul Vangelo della Domenica. E ci aiuta a riflettere sul nostro cammino di cristiani. E tramite il cellulare o altre piattaforme parliamo con gli anziani, magari soli a casa, o con i nostri famigliari o gli amici, siano essi qui ad Annecy o in Italia o con i parenti che abitano ancora nei nostri luoghi di origine, dove vorremmo tornare, come ogni anno, per le vacanze estive. E siamo consapevoli che ognuno di noi può, con un comportamento responsabile, far sì che la vita riprenda nella sua normalità e che potremo riabbracciare le persone amate, magari con un nuovo modo di vivere, con più attenzione e sensibilità, con un cuore nuovo.

                                                                                                                              Gabriella Rasi

Tante voci…..una voce

4 Maggio 2020 - Annecy - Sono tante, infinite le "voci" che affollano la nostra vita. Ogni giorno ascoltiamo mille pareri, mille punti di vista, mille diverse considerazioni. E se apriamo un giornale, o se guardiamo un telegiornale, o – ancor più – se navighiamo su internet, veniamo quasi sommersi dalle "voci", dalle notizie e dai commenti che incontriamo: tanto che ci rassegniamo a sfogliare, o a fare lo zapping, o a cliccare qua e là, con distrazione e senza mai approfondire più di tanto. Ci troviamo così ad essere sempre indecisi e disorientati davanti alle tante "voci" che affollano la nostra vita. Pensiamo alla tragica pandemia di questi giorni: chi ha davvero ragione? Forse tutti, o forse nessuno. E noi siamo ogni giorno più confusi davanti a queste "voci" così diverse... Siamo appunto come le pecore del discorso di Gesù che abbiamo letto nel Vangelo di ieri: dispersi e confusi dalle "voci" dei tanti pastori che cercano di portarci nel loro ovile. Siamo dispersi e confusi, al punto da sentire in noi il desiderio di una "voce" che riconduca ad unità la nostra vita, di una "voce" familiare ed amica, che parli al nostro cuore, risvegliando quella speranza di un tempo che ormai ci sembra troppo lontana... Anche la folla che ascoltava Pietro nel giorno di Pentecoste sentiva questo desiderio di unità. E quando videro quel pescatore predicare insieme ai suoi amici pensarono di essere di fronte all'ennesima "voce" che si aggiungeva alle tante "voci" già sentite: tanti profeti ed invasati erano infatti già comparsi in quegli anni inquieti. Ma il discorso di Pietro era diverso: non annunciava miracoli straordinari o disastri imminenti, e neanche predicava a favore della pace o contro la guerra, a favore degli invasori romani o contro la loro tirannia; semplicemente il discorso di Pietro raccontava la storia di quel Gesù che era stato crocifisso ma che Dio aveva costituito "Signore e Cristo". Proprio il racconto di quella storia trafisse il cuore della gente che ascoltava: perché quella storia parlava di un uomo che "oltraggiato non rispondeva con oltraggi, e soffrendo non minacciava vendetta, ma rimetteva la sua causa a colui che giudica con giustizia". Quella storia cioè parlava di un uomo che aveva attraversato con coraggio la dispersione e la confusione della sua vita, che aveva saputo attraversare anche la tragedia di una morte ingiusta e violenta; quella storia parlava di un uomo che, in ultimo, aveva trovato l'unità della sua vita nella giustizia buona del Padre. Appunto il racconto di quella storia trafisse il cuore della gente che ascoltava: perché proprio di una storia simile aveva bisogno la gente. Erano tutti stufi ormai di quei discorsi sulle leggi da osservare, sulle opere buone da compiere, sui valori da custodire. Erano tutti stanchi di belle parole: avevano bisogno della storia di un uomo che fosse stato capace di raccogliere in unità la dispersione della vita. E la trovarono nella storia di Gesù, il Crocifisso diventato Signore. Così può accadere anche per noi, nella dispersione e nella confusione dei nostri giorni. Anche noi possiamo trovare nella storia di Gesù quella "voce" del pastore che ci dà luce e sicurezza, che orienta i nostri pensieri e le nostre scelte, che ci conduce ad una vita vera ed abbondante, come ci ricorda il Vangelo di Giovanni al capitolo 10: "Io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza". E possiamo incontrare la storia di Gesù nella celebrazione domenicale dell'Eucaristia, o nel segreto della nostra camera, senza andare in capo al mondo o alla scuola di chissà quale maestro. Adesso, in questo periodo pasquale, possiamo imparare da Gesù a raccogliere in unità i nostri giorni dispersi. Ma qui ora sorge spontanea una domanda: siamo capaci di tacere per ascoltare la sua voce? (don Pasquale Avena - Mci Annecy)    

Mci Annecy: quando devi andare nel deserto…

22 Marzo 2020 - Annecy - La Parola di Dio, all'inizio della Quaresima, ci invita ad allontanarci dalla routine quotidiana: "Andate nella vostra stanza più lontana, chiudete la porta e pregate il Padre vostro che è presente nel segreto" (Mt 6,6); "Gesù fu condotto nel deserto dallo Spirito" (Mt 4,1); "Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse via" (Mt 17,1). Forse abbiamo anche cantato: "Signore, con te andremo nel deserto". Ora siamo nel deserto. Con la crisi del coronavirus, siamo condotti, nostro malgrado, in una forma inaspettata di deserto, e stiamo vivendo un'insolita Quaresima. Nella Bibbia, il deserto è il luogo della prova. Siamo tutti scossi da ciò che ci sta succedendo. Siamo abituati a un'agenda dove tutto è pianificato in anticipo, dove ogni attività ha il suo posto. Ora i nostri piani sono capovolti: la vita delle famiglie, delle imprese e dei gruppi deve essere riorganizzata. Siamo abituati a muoverci e a stare insieme come vogliamo. Queste sono restrizioni alla nostra amata libertà. Si tratta di difficoltà molto reali per tutti, per non parlare di coloro che sono le prime vittime del coronavirus e di coloro che li stanno curando. Nella Bibbia, il popolo scopre anche un Dio che sostiene il suo viaggio nel deserto: dona manna per ogni giorno, fa scaturire acqua dalla roccia. Il luogo della prova diventa anche il luogo di una promessa di rinnovamento e di conversione. Il profeta Osea dice di sua moglie: "La condurrò nel deserto e le parlerò a cuore aperto" (Osea 2,16). Nel deserto riscopriamo ciò che è vitale: ogni goccia d'acqua diventa importante. Questo viaggio quaresimale attraverso il deserto ci aiuta a riscoprire ciò che è essenziale e vitale. La rapida diffusione del coronavirus e le sue conseguenze sottolineano i rapporti tra i diversi continenti, l'interdipendenza tra l'uomo e la creazione, i legami tra il sociale e l'economico. Nella nostra casa comune, "tutto è collegato". I mezzi utilizzati per limitare e sradicare il virus dimostrano che l'attenzione ai più deboli ha la precedenza sugli interessi economici. Non possiamo vivere questo tempo ripiegati in noi stessi, dimenticando la necessaria fraternità. La nostra fede cristiana è comunitaria. Poiché gli incontri e le celebrazioni sono impossibili, possiamo sottolineare altre forme di preghiera. Poiché non possiamo partecipare alla celebrazione dell'Eucaristia, forse è giunto il momento di meditare e celebrare la Parola di Dio, di pregare in famiglia, di stare liberamente alla presenza del Signore. Tutte le iniziative che viviamo individualmente o come famiglia ci portano, in Cristo, più vicini gli uni agli altri. Anche se non abbiamo raduni visibili per un certo tempo, non siamo dispersi; rimaniamo in comunione nello Spirito. In questo tempo di "deserto", non saremo mai soli nella preghiera. Rimaniamo uniti a tutta l'umanità: uniti a coloro che sono afflitti dalla malattia e a coloro che si prendono cura di loro; uniti a coloro che, in questo tempo, stanno vivendo le prove della solitudine e della disoccupazione; uniti a coloro che, in tutto il mondo, stanno affrontando tragedie ancora più gravi: i migranti ai confini dell'Europa, vittime del terrorismo, etc. Il beato Charles de Foucauld, avendo vissuto a lungo nel deserto, ne ha scritto: "Dio è sempre lì con noi, in mezzo a noi. Dio ci parla là, Dio ci guida sempre là... Dio ci stabilisce là in uno stato di santità, ci rende il suo popolo speciale". (don Pasquale Avena - Resp. Mci Annecy)

MCI: è morto don Giuseppe Carosso

29 Marzo 2017 - Roma  - “Prendi, Signore, il poco che offro, il nulla che sono, donami il tutto che spero”. Questa invocazione testamentaria di don Giuseppe Carosso,89 anni, nativo di Castagnole  di Lanze (AT) ed ivi  deceduto  il giorno di San Giuseppe di quest’anno, manifesta la fede e la fiducia del tenace e combattivo sacerdote che ha speso la sua vita nell’apostolato come cappellano e parroco in patria  e missionario di emigrazione, prima nel Limburgo Belga, a Genk, e poi  nell’Alta Savoia, ad Annecy, in Francia dal 1958 al 1993. Sacerdote dal 1952 come Oblato di San Giuseppe fino al  1976  quando si incardina nella Diocesi di Albano ( Roma) per chiudere  la sua  lunga  e vivace vita sacerdotale nella Diocesi di Alba. Il cui Vescovo Mons. Marco Brunetti ha presenziato la liturgia funebre il 22 marzo nella chiesa di san Bartolomeo della  sua città natale. Alla liturgia ha partecipato anche l’attuale missionario italiano di Annecy, don Pasquale Avena, che  ha ricordato l’instancabile  attività di don Giuseppe. Dottore in teologia morale, è stato anche professore nello  Scolasticato  degli Oblati di San Giuseppe per circa 7 anni. Ha scritto diversi opuscoli in difesa della fede cristiana. Ad Albano ha diretto la rivista diocesana “Vita diocesana” e ad Annecy il periodico della locale Missione Cattolica Italiana, “Campana nostra”. E’ stato anche professore di religione nel Liceo Classico di Albano. Ultraottantenne non ha diminuito il fervoroso ritmo del suo servizio pastorale con l’entusiasmo positivo che gli era spontaneo. La Migrantes  gli è riconoscente per il generoso   fedele apostolato, esprime vicinanza  ai parenti e lo raccomanda a Cristo  Sommo ed Eterno Sacerdote. (sr)